lunedì 17 dicembre 2012

IL TESORO SEPOLTO (rubrica)





Spazzando via 
trovo lo sporco,
fiamme di una candela 
accesa.

Spazzando trovo
ciò che ho smarrito,
pezzi di me 
avvolti in scatole di finzione.

lunedì 10 dicembre 2012

NON E' COLPA NOSTRA

Non è colpa nostra, 
questo continuo a pensare: niente sensi di colpa. 
Solo circostanze, eventi esterni. 
Vengono da est, siamo il sole. 
Vorrei darti la colpa ed io ho cercato di colpevolizzarmi il più possibile.

Ho ricordato ritardi, sorrisi malvagi, urla.
Tutto vano. 
Tu sei malvagio, io sono malvagia. 
Siamo anche questo, senza colpe s’intende! 
E le nostre promesse erano delle bugie ben camuffate, 
e cosa hai da dirmi ora, oggi, cosa hai da dirmi…

Lacrime e scuse non placheranno questo animale zoppo che siamo diventati. 


Luca L.




lunedì 3 dicembre 2012

È CHE CI PROVO...


E’ che ci provo, ci ho sempre provato, 
anche quando non sapevo di provarci…
e questo mi fa sentire fragile. 

Fragile, 
come una foglia in autunno che non cade mai a terra 
e continua a ondeggiare. 
Fragile, 
come qualcosa che si può facilmente rompere ma non si rompe mai, 
perché è tenuta con cura. 
Ecco, la nostra cura. 
Siamo così fragili che diventa impossibile romperci.


Luca L.



lunedì 26 novembre 2012

FRUSTANDO LA NUOVA EVOLUZIONE (rubrica)





Frustando la nuova evoluzione
con fili di carne, 
sottili e cresciuti dal vento;
per imparare da uomini seduti su un sasso con un bastone in mano.

Giocano i facili incontri, aspettatemi
voglio anch’io soffrire senza motivo.
Ci siamo tutti invertiti,
dovremmo camminare con le mani per sentire dove stiamo andando.


(dalla rubrica: poesia portami via)

mercoledì 21 novembre 2012

CHIEDO SCUSA




Chiedo scusa. 
Ed è già un buon inizio. 
Scusa, e già mi sembra di cominciare bene; specie io, che non ho nulla da farmi perdonare…
questo lo penso io, però. 
Scusa per non averti mai detto che sono così felice quando ti vedo, e quando ti sento, e quando sto con te. 
Non te l’ho mai detto, l’ho dimostrato. 
Scusa. Davvero. 
Scusa se sono così felice di averti accanto. 

Luca L.

lunedì 12 novembre 2012

LA SINCERITA' NON SI CERCA (rubrica)






La sincerità non si cerca in finzioni astratte,
spazzando via lo sporco trovo pezzi di una candela spenta,
spazzando ritrovo il passato, 
si spezza in contraddizioni inferiori alla vergogna.

Viaggiano con una piuma gli aiuti,
marciscono gli occhi se vedono solo distruzione;
maschere di tabacco in fumo,
le promesse sono bugie nascoste alla convenienza.

L’urlo è un corpo che si agita,
i sogni sono gemiti della notte, 
donano speranze o generano incubi.


(Dalla rubrica: poesia portami via).

martedì 6 novembre 2012

È QUESTA LUCE TIPIDA...


E’ questa luce tiepida che non mi fa dormire, 
che genera ore notturne, come se non fossero ventiquattro. 
Come se il tempo scorresse troppo rapidamente o troppo lento, e io, nel mezzo cerco il mio equilibrio. 

E’ questa luce. 

Acceca e allo stesso tempo indica il percorso, mischia lavoro e amore come due elementi imprescindibili da non si sa cosa.
E cerco equilibrio tra quello che sono e quello che vorrei essere, e quello che vorrei essere non è mai quello che sono, e quello che sono non è quello che vorrei essere. 

E mi inchiodo. 

In questa notte, in questa tiepida luce, nel tuo tiepido sguardo... in questa tiepida luce che rende l’ombra gelida.


Luca L.



lunedì 29 ottobre 2012

ALITO (rubrica)


Se un signore con gli occhiali da sole 
ti regala uno specchietto pulito,
ancora incartato 
è per rubarti l’immagine e
metterla su carta riciclata. 

Sono dispettoso ma ti ho versato la mia pulsione, 
solo per fare rumore.

Dondolante, di fronte lui,
il caldo appeso allo specchio,
sparisco in un pezzo di carta. 

(dalla rubrica: poesia portami via)



lunedì 22 ottobre 2012

TU SEI L'INCONSCIO...




Tu sei l'inconscio, e l’inconscio dovrebbe prendere possesso dei gesti. Già, perché io sono incosciente quando ti incontro così consapevole di te stessa.

Possiamo dare al mondo una svolta, per un solo giorno non mi basta, riposiamoci e osserviamo ciò che abbiamo costruito, se falliamo baciamoci ad occhi chiusi e nessuno più ci vedrà.
E’ l’attimo giusto, perfetto da cogliere con un volo, 
abbracciamoci forte e questo giorno ci accoglierà con tanta luce, 
noi che nel buio abbiamo donato il nostro amore. 
Sarà l’attimo giusto che ci coglierà al volo.
Ci vediamo domani, non so, non saprei dove ma ci vedremo; 
in cucina per un caffè magari.

Luca L.

lunedì 15 ottobre 2012

AD UN TRATTO...




Ad un tratto ricordo poche persone oltre a te, forse c’ero anch’io; è la classica tiritera del: non so, forse sì, dovrei, potrei, sarebbe…
Non vorrei mentirmi.
Tutto quello che è già stato scritto sono sassi scagliati in pieno volto, e hanno fatto bene. Miodio, quanto sollievo hanno regalato. Quante svolte mancate, per fortuna.
Ed ora che siamo stanchi di girarci intorno, di leggere tra le righe, possiamo permetterci anche di godere per tutto ciò che l’altro ha ottenuto. O meno.

Il film è finito, ora non mi resta altro che guardare la tua pubblicità, già, perché ormai sei solo uno spot di frasi inutili e banali. Le tue parole sono slogan, e niente più. Proprio come questo post. Ahimè.
Non provo piacere né dispiacere perché l’immunità raggiunta è sacra, e va rispettata. Se ti è rimasto qualche sassolino nella scarpa, sai sempre dove scaraventarlo; al centro. Di te stesso.
Beh, sempre lì si conclude la storia, addosso a te. Ed è per questo che la frase iniziale è sempre: "La mia storia..." e tutto quello che è di fianco semplicemente è in quella posizione perché tu l'hai permesso o voluto. Però vale anche il contrario, altrimenti sarebbe troppo facile.
Buona giornata, anche se piove senza sosta e molto probabilmente pioverà fino a  farti dimenticare la luce del sole.

Luca L.


lunedì 8 ottobre 2012

IL BUIO ROVESCIA LE PERSONE...




Il buio rovescia le persone, escono allo scoperto le esibizioni;
ricordo quel tempo in cui ricordavo, ora abbiamo la versione integrale. 
Puoi provare a tagliarmi una mano e vedere se provi sofferenza, giuro che resterò fermo a guardarti. 
Non siamo altro che un bel diversivo da raccontare in una serata come tante. 
Nient'altro che questo: una fiaba che si interrompe sul più bello. 
Almeno per me.

Luca L.

mercoledì 3 ottobre 2012

SPESSO MI CHIEDO COME FAI...


Spesso mi chiedo come fai, come riesci a mostrare quella pace dipinta sul volto. 
Mi domando continuamente quanto pesa il peso che ti porti dentro, quante coperte e sciarpe e maglioni e cappelli sei costretta a comprare per nasconderti da te stessa, per riempire un guardaroba macchiato e sporcato da giorni che non vorresti mai aver vissuto da sveglia; da giorni che durano mesi, anni, decenni.
Vite possibili che poi non sono state.
Capita frequentemente. Ti vedo. E ci penso. E ti penso, e inevitabilmente il pensiero va lì, in quell'angolo che nascondi a te stessa con tutte le forze, con tutta l'energia che possiedi anche quando ti senti debole, esausta di te, di voi, di loro, di quelli, di quelle. Che roba pessima.
Che brutta storia questa che ti appartiene. Vorrei non pensarlo, eppure... se ti dicessi che un po' ti capisco, che un pochino ti comprendo, che il mio indice non ti indica, forse forse potremmo anche sederci e parlarne. 
Strano pensare e ripensare e ossessionarsi con un qualcosa che poi non è stato, che già viverlo è stato un dono non richiesto, seppur piacevole.
Cosa ne pensi? Sei favorevole?
Io aspetto, ti attendo. Sai dove scrivermi, dove chiamarmi, dove vedermi.
Potrei scrivere un libro su di te. Sarebbe amaro e bello, proprio come te.


Luca L.






lunedì 1 ottobre 2012

RICORDO UN TEMPO...


Ricordo un tempo in cui ero l’imperatore, 
vivevo tra gengive e denti di una pantera. 

La notte era solo una scusa per l’alba e 
l’alba era una buona scusa per non dormire. 

Quanta vastità di ricordi futuri vedevo ad occhi chiusi. 

Ricordo un micio che m’ insegnò l’amore, 
gli chiesi di odiarmi e mi rispose che avevo capito.

Luca L.



martedì 25 settembre 2012

OGGI HO SBIRCIATO LE TUE FOTO

Oggi ho sbirciato le tue foto, sai, con i social network le distanze si accorciano e danno l'impressione distorta della realtà. Per cui ti ho vista e, se non ti conoscessi bene, penserei che te la stai passando alla grande. 
E invece ti conosco - più di quanto pensi - e proprio per questo non posso fare a meno di chiedermi come diavolo fai, a trasmettere quiete, quando dentro c'è burrasca. 
Probabilmente il tempo che è passato è servito: a sopravvivere al tormento, a galleggiare alle ferite che hai dato, a quelle foto che vorresti quasi non aver mai scattato. Eppure ora sono lì, sbattute sul monitor come se nulla fosse mai successo, come se la vita parallela a un certo punto avesse preso sempre più spazio e conquistato terreno; fino a diventare la vita vera, quella di tutti i giorni, quella dove costruire progetti e sognare un futuro. Già. 
E' andata proprio così, e non è stato neanche difficile nascondere e nasconderti, nasconderlo e nascondervi fino a scomparire, fino a non lasciare traccia visibile, tangibile.
Poi rimane solo il cuore che batte, gli occhi che brillano, e non sai se per la troppa luce o per quel desiderio inespresso, che pulsa e scuote più di quello realizzato.

Luca L.


mercoledì 19 settembre 2012

IN VITE COME QUESTE RIPAGHIAMO IL TEMPO...


In vite come queste ripaghiamo il tempo che ci hanno regalato gli Dèi con i nostri corpi a ventaglio, invocando il piacere di sovrastare i nostri sensi. 
Peccatori puri, fabbricanti di specchi. 
Non possiamo perderci di vista finché siamo i nostri bersagli. 
La pistola d’acqua è la nostra miseria; lenzuola bagnate navigano nel loro godere, si può affogare o morire d’asma. 
Il corvo è sul davanzale e ci spia dalla finestra socchiusa, multa la nostra marcia funebre; gloria ai nostri corpi beatificati, si arrampicano e si stringono tra sei corde di crimini votate al rapimento. 
Cola saliva dagli occhi, massaggio alle tempie… ricordo di un futuro.



lunedì 17 settembre 2012

LO STRUMENTO E' TASCABILE (rubrica)




Lo strumento è tascabile, 
è un rullino colmo di foto.

Ti attendo alla luce, quella dove intravedi l’anima,
dove si vedono solo gli occhi, soli.
Briciole, 
per restare in astinenza.

Fuori piove forte,
barcollano le gocce prima di riunirsi.
Non sempre quando piove scende l’acqua.

(dalla rubrica: poesia portami via)

giovedì 13 settembre 2012

È IN SERATE COME QUESTA, DOVE L'ARIA TAGLIA I FIANCHI


È in serate come questa, dove l’aria taglia i fianchi; è in nottate come queste che i pensieri diventano il pensiero.
È in momenti come questi dove seduto nello slancio vacillo in un’insensata fantasia, nel ricordo di tempi più vivi, da vivo posso immaginare Jennifer.
È in serate come queste dove accarezzo i muri di un cesso ben conosciuto, dita nervose sfiorano piastrelle umide. È qui che appoggio il ricordo di Jennifer, la vedo in quest’inquadratura appannata da aliti caldi. Per me nacque qui, divenne adolescente già donna in questo buco, specchiandosi in vetri azzurri scheggiati come i suoi occhi. È qui che gioco ancora a saltare mentendo al volo, parlando di una vita mai apprezzata correndo.
Seduto nel bagno dal colore nero sporco di bianco, carta agli angoli, sono altre immagini che scendono da capelli lunghi e lisci, biondi e macchiati da tinte scadenti, ma Jenny le adoperava in momenti di noia. Ora la voglio ricordare in maglioni di lana grigi di piccole taglie avvolta in sorrisi scritti per essere memorizzati, in memorie che volano come parole futili. 
Lei dorme sempre nella sua cameretta che è a poche pareti da questo bagno buio. 





venerdì 7 settembre 2012

APPESA A UN FINALE (rubrica)




Appesa a un finale, 
inorridisce in finte fughe 
mentre si dipinge il volto lo specchio si appanna, 
come se sparisse il viso,
l’immagine e il ruolo.

I fianchi incisi sul muro come una scritta pugnalata,
scriveva il nome come un aggettivo,
pareva un disegno, 
un quadro dove poter tossire o strizzare gli occhi.

(dalla rubrica: poesia portami via)

mercoledì 5 settembre 2012

ULTIMA COSA: È IL SILENZIO E IL SENSO DI APPROSSIMAZIONE




Ultima cosa: è il silenzio e il senso di approssimazione misto qualunquismo che ti lacera, lasciandoti inerme in una sala d’attesa per il resto dei giorni, un resto indefinito, generico.
Silenzio. Approssimazione.  Qualunquismo.
Benvenuto nei giorni peggiori, nessun timore, è solo un po’ come scivolare continuamente e non accorgersene; fino a quando ti ritrovi per terra, per l’ennesima volta.
Nessun fraintendimento. E non capendo procedi a tentoni, a piccoli passi in avanti, senza domande e invocazioni.
Non chiedermi nulla, se non tutto quello che ho appena scritto.

Luca L.

giovedì 30 agosto 2012

CHE POI UNO ARRIVA A TAGLIARSI L'AVAMBRACCIO



Che poi uno arriva a tagliarsi l’avambraccio. Talmente è grande il peso, talmente è pesante il grande sgomento che non sai più cosa fare per reagire. Così fai il gesto eclatante e non ti preoccupi se è giusto o meno, già, perché hai superato questi confini labili da tempo. Senti parlare, ascolti e riascolti e poi li senti chiacchierare e vociferare e discutere ed esaminare. Poi basta. Davvero basta. Così spinto dalla disperazione fai la prima cosa che ti passa per la mente (anche se non è la prima, così pare), poco importa di come andrà a finire, se finisce.
Bocche aperte e parole cucite nell’anima, quella che un po' viene ferita, scheggiata dal gesto appena visto. Pensi a lui, a chi gli sta vicino, intorno; sotto strati e strati di terra. E poi ci sono quelli là che hanno paura di andare nella loro cantina da soli, vorresti non comprenderli più, perché stancano, perché le loro frasi hanno la stessa rilevanza di quelle pronunciate dai bambini quando giocano al telefono senza fili. Che poi si sa, all’ultimo bambino arrivano distorte, storpiate e prive di significato logico. Questo però non è un giochetto, e per questa volta non c’è nemmeno bisogno di fare la parte di quello acuto che vede le cose sotto un altro punto di vista, ma và, questa storia è semplice come la vedi, scimmione. Punto. Stai zitto, grazie. E fai qualcosa, grazie.
 
Dimenticavo, tu bellezza, per me sei come quel Presidente. Io che sto qui a rimuginare col cuore leso e tu che dici di starmi accanto mentre te ne stai a debita distanza, in mezzo a gente pessima e cocktail nauseanti. O forse in mezzo a gente nauseante e cocktail pessimi. Insomma, ci siamo capiti.

Luca L.


lunedì 27 agosto 2012

LO GIURO. NON CAMBIEREI NULLA, NON SPOSTEREI UNA VIRGOLA...

Lo giuro. Non cambierei nulla, non sposterei una virgola; anche se non è tutto così liscio, la superficie è ruvida e a volte taglia le dita.
Lo giuro.
Senza preavviso. E' quello che era e tutte le sue sfaccettature contrastanti che rendono l'aria umida, pressante. Non so come si possa scacciare, non so come sia possibile incastrare tutto quello che è stato con quello che sono, con quello che sarà, con quello che sarò io: uno con lo sguardo che si volta indietro, quasi a scrutare un attimo di pura brezza e quiete.
Quiete smarrita durante il cammino lungo due mesi, perché saranno sempre due mesi, anche quando sarò settantenne saranno sempre due mesi fatti di apparenti stati placidi; e sembrano eterni.
Non farcela. Ti racconterò che due mesi fa…
E poi uscire da questo quadrato, da questo quadro senza cornice, sforzando di contenerti dentro un quadrante. E a volte quasi sento di poter uscire e dire "Tutto bene", come in quei tempi in cui andava davvero tutto bene ma dicevo "Abbastanza". Così, per abitudine, per modo di dire.
E li ho persi i modi di dire, pronuncio frasi spigolose che non hanno consistenza né costanza.
Cosa voglio dire?
Tacere sugli eventi raffermi. Ecco.

A te.

Luca L.



giovedì 23 agosto 2012

E' IL RANCORE CHE TI FA PARLARE, LO SENTI...



E' il rancore che ti fa parlare, lo senti salire dalle viscere su fino alle corde vocali, tremanti, urlanti. Vorresti non aver nulla a che fare con quel tipo di rancore, quello che sembra vibrare incessantemente, assiduamente, all'infinito.
Io rimango qui, ad ascoltarti, so che ti piace essere dalla parte del tavolo giusta, quella dove cominciano i discorsi, e finiscono pure. Ogni tanto butto lì una frase, giusto per fare la mia parte, superficialmente.
E poi mi accorgo anche di me, di tutte le fatiche fatte per schivare la mia parte. Che poi, neanche sapevo di averne una di parte in questa recita, eppure, sai, a volte le cose vanno così e ti ritrovi in mezzo, tuo malgrado. Presentando la tua parte come se non ti appartenesse, quella parte, vista sempre dall'esterno, come se fosse un corpo estraneo.
Hey, sono io quel rancore, quel lamento che striscia soffiante attorno ai tuoi discorsi di sempre, che di nuovo hanno solo la carta con cui li hai impacchettati. Proprio come sei tu, una persona vecchia che ogni tanto si compra la miglior carta da regalo nella migliore cartoleria, e poi ti impacchetti con un bel nastro rosso.

p.s. Vorrei sorriderti di più. Non me ne volere.

Luca L.

giovedì 16 agosto 2012

DAI, SO CHE LO VORRESTI.



Dai, so che lo vorresti. Che non desideri altro. Lo leggo nei tuoi occhi chiari, traspare una voglia incontenibile. Ti piacerebbe urlarlo a squarciagola una volta per tutte. Ti sembra anche giusto. Ti pare anche corretto. E' da mesi che ne parli, davanti allo specchio, di fronte alla tua amica, di spalle al tuo amico. E non c'è mai l'occasione adatta, perché sai che non è facile, anzi, è proprio complicato. Così giri intorno alle cose, al fatto che ha scatenato quest'ultima riflessione. Eppure appari così trasparente che i tuoi verbi perdono consistenza, peso e valore. Dai, in fondo sai che non sarebbe giusto nei suoi confronti, sarebbe un peccato perché le conseguenze sarebbero talmente devastanti che probabilmente non succederebbe nulla di eclatante. Niente di niente. Troppo grave quello che sai, e la parte della persona cattiva proprio non ti viene bene; so che ti piacerebbe da morire apparire più spietata e lapidaria. Ma non ci siamo proprio. Sei buona. Mi spiace per te. Fattene una ragione, un giorno probabilmente vincerai la partita e allora forse potrai dire ciò che sai, a loro, a lei. E lui, che sembra totalmente incurante di camminare sopra un filo. 
Dai, so che lo vorresti tanto, esplodere e poi vedere cosa succede. Il problema è proprio questo, tu, noi; al posto di esplodere, implodiamo. E' proprio questo il fatto. Ciò toglie il sorriso per qualche ora, giusto il tempo di implodere. 
Eppure sarebbe bello, almeno una volta, esplodere e fargliela pagare.

Luca L.

lunedì 13 agosto 2012

COSI' LEI TRASCORRE L'ESTATE A FREQUENTARE UN LABORATORIO DI TEATRO

Così lei trascorre l'estate - come quasi ogni estate - a frequentare un laboratorio di teatro. A questo giro si tratta di movimento, corpo a corpo, tecniche sensoriali. Nell'archivio sono già presenti: recitazione, voce, canto, danza, training, sperimentale, pantomima, improvvisazione, monologo-dialogo. "Poca roba" dice lei. Così questo agosto è riempito in ogni sua fessura, dalla ricerca di una stanza singola e  dall'incontro con quel compagno di Corso che è da un po' che non ha notizie, nonostante tutto. Dall'iscrizione al seminario condotto da quell'insegnante che "E' unica, ti tocca dentro e ti mostra tutto sotto un'altra prospettiva" fino alle serate a spizzicare una pizza con altri nuovi compagni. Nonostante tutto sono sempre volti nuovi, mai visti, né in teatro né in tv. Agosto e Venezia, piedi nudi e gomiti pesanti, appetito e sudore pomeridiano. Intanto il cervello corre a mille, sfrecciano immagini di spalle che si toccano e di gambe che si sollevano da terra con armonia, di sandali bollenti e linoleum consumato. Tutto gira veloce, anche lei, che questa volta sarà diversa, per se stessa, e soprattutto con lui - ancora lui -  che da Roma si è iscritto allo stesso seminario. Per cui, nonostante tutto, la stessa casa, all'interno stanze singole e doppie; mai silenziose. Ma questa per lei non è la settimana del sonno, nemmeno del cibo. E' la settimana per lei. Però lui fa perdere la concentrazione, perché in quel momento preciso quando l'insegnante spiega in inglese il prossimo esercizio, lei sbircia quei ciuffi neri un pochino accorciati. E allora tutto viene quasi vanificato e le sembra di non essere mai pronta. Mai preparata per un casting, per insegnare, per lui, per la tv, per il cinema.
Figuriamoci, lei sa benissimo che lui non è altro che uno sfondo, niente di più di un pilastro appoggiato a lato di una stanza, lui è la rappresentazione carnale della quarta parete (vedi teatro), cioè: non esiste e nonostante questo bisogna abbatterla.
Certo, lui si crede portante e importante, ma è sempre fermo allo stesso punto da anni senza rendersene conto, troppo egocentrico come attore per avere talento, troppo attore per essere un uomo interessante.
"Il punto non è questo" dice lei, già, il punto è lei. Il problema sta solo nel fatto che non riesce proprio ad essere un punto affermativo, nemmeno un punto e virgola, due punti non se ne parla nemmeno... Lei è i tre puntini di sospensione, ed è questa continua ricerca che non arriva mai al punto a sfiancarla, demoralizzarla, deprimerla. Non disperare, questo seminario finirà con gli applausi, come quello precedente.
"E' un laboratorio. Non un seminario" spiega l'insegnante.
"Già" dice lei mentre si cambia in uno spogliatoio piccolo con tanta, anzi, troppa gente. Zaino chiuso e via per le strade di Venezia. La Biennale per lei è buon punto di partenza, o di arrivo; già, questa volta non è l'ennesima sensazione di sentirsi perennemente a metà del percorso. Nessuna ricerca, inizio o fine.
E se questo agosto e questo laboratorio fossero un bel punto e a capo?

Uhm. Punto e a capo. Magari dall'altro capo si sta meglio, senza quelle facce mai viste prima che però hanno la stessa fisionomia, gli stessi tratti somatici e lo stesso sguardo delle facce abbandonate nel tempo. Tanto cosa importa? E' un punto stavolta.
Punto e basta. Bene. Buon nuovo inizio.
Domani casting? 
"Domani magari mi faccio un pranzo completo" dice ridendo. "Dopodomani vedremo, eh eh".
Buon ritorno e buona fortuna per i tuoi prossimi lavori, ops, ingaggi.

Luca L. 


lunedì 6 agosto 2012

CONCLUDENDO, SECONDO ME IL 'GENIO' CHE HA SANCITO LE DIFFERENZE...


Concludendo, secondo me il 'genio' che ha sancito le differenze tra il rock e l'hard rock è lo stesso che ha slegato la letteratura dalla narrativa.
Questione di sfumature, direbbe. Enorme differenza, bisbiglierebbe. Certo che con la lente d’ingrandimento si potrebbero scovare centinaia di discrepanze e di contrasti più o meno chiari. Ma la domanda è solo una: “Le pare il caso? No davvero. Le pare il caso?”.
Mi piace immaginarla così questa scena, una domanda rivolta ad un’unica persona.
Comprendo che non è così, e che è quasi diventato obbligatorio affannarsi alla ricerca del vocabolo giusto, della parola neutrale, della frase assoluta. Proprio noi, che siamo così carenti con noi stessi, con gli altri, e gli altri degli altri, e ancora… Una corsa continua per la ricerca spasmodica di uguaglianza che, una volta ottenuta, vira e si addentra verso una minuziosa analisi di tutte le diversità che compongono i nostri rapporti. Un po’ come quando, quella volta, dopo aver raggiunto un minimo di stabilità costata un anno, ci siamo seduti distanti a contare quante differenze incolmabili c’erano in mezzo alle punte dei nostri nasi; per poi alzarci e uscire dalla stessa porta in tempi diversi. Quindi, la domanda è solo una: “Ti pare il caso?”.

“Sì” dice sbattendo la porta.

Luca L.

 

giovedì 2 agosto 2012

SERPENTI IN VETRINA (rubrica)



Un riparo nel sonno,
confortati da abbracci agitati;
un tepore che piano riscalda parole fredde.
Mi dileguo nel sonno, strisciando
nel suono di una brace accesa spenta nella pozzanghera,
mentre ci coccoliamo con caffè e tabacco;
nessuna certezza, solo promesse.
Se chiudo le labbra sento ancora la sensazione del bacio,
cosa ha in testa la mia mente?!
Distrazione,
litighiamo per questo,
sul trono i litigi tra scaffali di vetro.
Premature bisce in giardini idilliaci,
non c’è concretezza e realtà
se non nella nostra esposizione in vetrina.

(dalla rubrica: poesia portami via)

martedì 31 luglio 2012

SPETTACOLO TEATRALE: TRAILER


Spettacolo Teatrale tratto dal romanzo "Al Punto Che Disturbi" di Francesco Bittasi.
Interpretato da: Fabio De Marco, Laura Tombini, Marta Shafik
Scritto e diretto da: Francesco Bittasi

Riprese: Marco Scotuzzi, Eric Caffi
Montaggio: Marco Scotuzzi

Edizioni Del Gattaccio, Milano.

mercoledì 25 luglio 2012

DORMIVAMO, PER STARE SVEGLI... (rubrica)


 

Dormivamo,
per stare svegli in questa crescita,
svolgendo lavori per fallimenti annunciati.
Come serpenti che si assopiscono sotto luci artificiali,
in vaschette già vendute.
Riposavamo,
scomodamente sdraiati prima di tornare a casa,
lei sognava capelli lunghi e io bevevo acqua nel mezzo del risveglio;
mancavano mani calde in notti d’inverno,
furfanti in abito da sera, dilettanti all’amore.

Strizzando gli occhi in un futuro da smontare.
Una pecora clonata, due pecore clonate, tre pecorelle clonate…
come impronta prima di addormentarsi.
Nello sguardo veicoli sfasciati,
in camera disegni dimenticati nella memoria.

(dalla rubrica: poesia portami via)

lunedì 23 luglio 2012

SILENZIO IN 3D




Silenzio in 3D.
Che ti piaccia o meno ne fai parte. E vorresti solo metterti lì e ascoltare, anche in posizione scomoda, ma ascoltare. Sentire qualsiasi cosa, una parola può bastare. Invece il silenzio in 3D è beffardo, lacerante, stupido. Sei costretto ad ascoltarlo, questo silenzio, che pesa come un macigno portato sulle spalle per giorni interi.
Poi fa caldo, e quando cala il sole, fa freddo. Non puoi mai permetterti il lusso di un clima adeguato al tuo essere. Vorresti gridare. E lo fai, tu, in silenzio. Un silenzio rigoroso, quasi rispettabile perché immerso in una caterva di frasi di circostanza; proprio come il tacito consenso.
Questo silenzio è eterno, e ben lontano dai sentimentalismi.
Ecco, l’eco del silenzio. Poteva essere questo il titolo di questo post.
Già, non penserai mica che l’eco sia solo un’esclusiva del tuo banale nome di battesimo urlato in una grotta. Per favore.
Non c’è niente da ridere perché quando la persona che ti sta davanti smette di parlare, la conseguenza non è nemmeno il silenzio; magari. No, sei tu che inizi a parlare per quella persona. Insomma, è un delirio a tre: tu, quello/a, e ancora tu per conto suo con bocca tua.
Shhhhh.
Non è la stessa cosa, ci metti poco a comprenderlo. Speriamo nella prossima chiacchierata, incrocio le dita che diventi un dialogo e non un monologo, perlopiù scritto.
Forse è proprio questo l’eco del silenzio, qualcuno che scrive sopra a chi sta zitto.

Luca L.

venerdì 20 luglio 2012

NEL CASO FOSSI INDECISA, SÌ, HO SCRITTO QUELLO E QUELL'ALTRO PENSANDO A TE

Nel caso fossi indecisa, sì, ho scritto quello e quell'altro pensando a te, solo a te. Colpita? Affondata.
Questo devi pensare ogni volta che hai un dubbio, ogni volta che sussurri "Sarò mica io?".
Certo! Se ti viene il dubbio allora vuol dire che sei tu, e te lo stai dicendo da sola. Però ti scongiuro, non me lo chiedere. Sono lontano anni luce da ogni tua provocazione e provo pena nel vederti graffiare con quelle dita mangiucchiate da troppa ansia abbinata ad una serie di rancori, ruggini e dissapori. Pure ora, mentre leggi questo post, forse te lo stai domandando "L'avrà scritto per me? Chissà. Ma figurati, mica sono così io…".
Invece sei proprio tu, gne gne gne gne, e lo faccio semplicemente perché non credi mai di essere bersaglio, ti sei sempre descritta al mondo con tanto di arco e frecce. Mi dispiace, ma è così che ti vedo io: un bersaglio, immobile oltretutto. E' così che ti vede il tuo migliore amico, così che ti vede quel luogo ed è così che forse appari al mondo. E mi dispiace per davvero, e provo compassione. Per questo scrivo ciò, per dirti che lo so e che puoi posare le frecce, almeno davanti a me; perché siamo sulla stesso campo da gioco.
E tra poco arriva Robin Hood, quello è bravo davvero, mica come te e come me, è uno super, un vero professionista (mica come noi), è uno eccellente e non sbaglia un colpo (mica come noi), è uno che sa qual è il suo lavoro e lo svolge egregiamente (mica come noi). Che ne dici? Dai, molla a terra le armi che ti fanno apparire peggio di quella che sei. Almeno per questa volta.
Ehi, sta arrivando Robin Hood! Eccolo! Quant'è competente, abile ed esperto. Dai su, lo vedi, ora capisci cosa intendo.

Ti immagino leggere distrattamente queste righe, scuotere la testa, alzare lo sguardo, cambiare ripetutamente posizione sulla sedia. Beccata.
Dovremmo unirci, in due saremmo come uno in gamba.

Luca L.



Eccoci. Io e te.
Robin è un'altra cosa.