lunedì 22 dicembre 2014

MA QUANDO LA CARRIERA... (rubrica)

Ma quando la carriera di Elaine aveva cominciato a decollare, era stato soprattutto grazie alla sua fame, in apparenza insaziabile, di mettere a nudo se stessa e, inevitabilmente, chi le stava vicino. Tutto questo aveva alimentato la reputazione di Elaine – e lei ormai era molto nota – di eccentricità e solipsismo. Alcune delle sue rivelazioni avevano iniziato a condizionare il loro matrimonio, perché per Charlie erano motivo di tensione e vergogna.

* * *
 

Non aveva bisogno di fingere di essere diverso dalla persona che Elaine stava ritraendo e, date quelle premesse, ogni successiva dimostrazione di sensibilità, intelligenza e competenza genitoriale sarebbe senz’altro apparsa stupefacente.
“Invece” disse “Qualche differenza c’è. Nel mio caso non esiste un’altra faccia della medaglia. Per esempio, non so… Ho davvero mandato affanculo sua sorella al battesimo di sua figlia. In chiesa. O forse l’altra faccia della medaglia è che di solito non mi comportavo così. È stato un episodio isolato”.



 
 
 
autore: Nick Hornby (Tutti mi danno del bastardo)
 
(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

martedì 16 dicembre 2014

CITAZIONE 035 (rubrica)



 Sono intorno a noi, in mezzo a noi,
in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo,
il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile, la posta in gioco è massima,
l'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro,
nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro: niente scrupoli o rispetto verso i propri simili perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili.
Sono tanti arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti, sono replicanti,
sono tutti identici, guardali, stanno dietro a machere e non li puoi distinguere.
Come lucertole si arrampicano, e se poi perdon la coda la ricomprano.
Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno, spendono, spandono e sono quel che hanno.
Sono intorno a me ma non parlano con me. Sono come me ma si sentono meglio.
Sono intorno a me ma non parlano con me. Sono come me ma si sentono meglio.
E come le supposte abitano in blisters full-optional,
con cani oltre i 120 decibel e nani manco fosse Disneyland,
vivon col timore di poter sembrare poveri, quel che hanno ostentano e tutto il resto invidiano,
poi lo comprano, in costante escalation col vicino costruiscono:
parton dal pratino e vanno fino in cielo, han più parabole sul tetto che S.Marco nel Vangelo e
sono quelli che di sabato lavano automobili che alla sera sfrecciano tra l'asfalto e i pargoli,
medi come i ceti cui appartengono, terra-terra come i missili cui assomigliano.
Tiratissimi, s'infarinano, s'alcolizzano e poi s'impastano su un albero, boom!
Nasi bianchi come Fruit of the Loom che diventano più rossi d'un livello di Doom.

Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...
Sono intorno a me ma non parlano con me... Sono come me ma si sentono meglio...

Ognun per sé, Dio per sé, mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica,
mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano, mani che poi firman petizioni per lo sgombero, mani lisce come olio di ricino,
mani che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli.
Quelli che la notte non si può girare più, quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan la tv,
che fanno i boss, che compran Class, che son sofisticati da chiamare i NAS,
incubi di plastica che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara ma l'unica che accendono
è quella che dà loro l'elemosina ogni sera,
quando mi nascondo sulla faccia oscura della loro luna nera.

Sono intorno a me ma non parlano con me. Sono come me ma si sentono meglio.
Sono intorno a me ma non parlano con me. Sono come me ma si sentono meglio.



cantante: Frankie hi-nrg mc

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

mercoledì 10 dicembre 2014

LA CASA DI VIALE TIBALDI (rubrica)

 
 
 
 
La casa di viale Tibaldi al 4 mi si presentò con una facciata grigia e anonima, tre piani incastrati tra palazzi molto più alti e altrettanto incolori, ma dalla fessura che separava i due battenti del portone di legno e ferro battuto, incollando l'occhio potevo scorgere un piccolo parco nascosto nella corte interna.
Meccanicamente spazzolai con le mani l'abito buono cercando, senza riuscirvi, di scacciare la sensazione di inadeguatezza che mi stava tormentando. Avevo già lavorato per gente col portafoglio rigonfio, ma quello che, secondo Vale e il mio Socio, avrebbe dovuto essere il mio prossimo cliente, mi faceva sentire un po' come la piccola fiammiferaia in attesa dell'elemosina. Fosse stato per me, mi sarei tenuto alla larga da quel padrone delle ferriere, ma nessuno si era degnato di chiedere la mia opinione.


 
Autore: Sandrone Dazieri (Attenti al gorilla)

dalla rubrica: Il giusto degli altri

martedì 2 dicembre 2014

SI PRESENTA CON ALTRI (spot)

Sono stato invitato - con grande piacere - a partecipare a questo evento: BookCity Milano 2014.
Qui sotto potete trovare qualche informazione a riguardo.
BookCity Milano 2014
Parole su una città: nuovi autori per Milano. Con Sanja Lucic, Giuseppe Norbig, Francesco Bittasi
L’ironia e l’ideologia nella comunicazione e nelle relazioni fra chi vive e lavora a Milano.
La difficoltà nel raccontare questa città, con storie individuali che paiono traiettorie con poco domani.
La precarietà, i modi per superarla e/o vendicarsene, il nascere comunque di nuovi affetti qui e ora. Con quali e nuove parole è possibile narrare ancora Milano?


Con: Sanja Lucic, giornalista e scrittrice italo-serba; Giuseppe Norbig, giornalista e scrittore; Francesco Bittasi, regista teatrale e scrittore.


E con: (le attrici) Laura Tombini, Marta Shafik, Chiara Verzola e (il cantautore) Andrea Labanca.

 Via Sacco 14, 20146 Milano

I protagonisti
Giuseppe Norbig, Sanja Lučić, Francesco Bittasi

i libri degli autori presentati a BookCity
Giuseppe Norbig, Milanconia  - Edizioni del Gattaccio

Sanja Lučić, Ti disturbo?  - Edizioni del Gattaccio

Francesco Bittasi, Al punto che disturbi  - Edizioni del Gattaccio



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Chiudo questo spot-post con un breve estratto tratto dal mio libro:


Finalmente arriva il mio turno, appoggio accuratamente gli acquisti sul ripiano scorrevole come se fossero diamanti, sono sollevato al pensiero di colmare a breve la voragine nello stomaco.
Purtroppo c’è qualcosa che non funziona: una scia liquida ha bagnato parte della confezione di pasta e del pesce. Ho le dita umide, il polsino della camicia è bagnato, i nervi girano a mille fradici d’incazzatura.
La bottiglia perde acqua oligominerale.
“Questa non ci voleva!” supplico alla cassiera un appoggio morale, o preferibilmente un asciugamano.
“La vada a cambiare”.
Non ho mai digerito le persone che semplificano nei momenti inopportuni, mi agitano maggiormente. Vorrei vedere io, se fosse lei ad avere le mani bagnate, una fame da lupo e la cucina a cento metri di distanza.
“Non ci avevo pensato, sa!”
“Male” replica.
Ancor meno sopporto le persone che non colgono il sarcasmo.
Impugno la bottiglia e la scoperta è agghiacciante: l'acqua fuoriesce da un impercettibile foro situato vicino al tappo. Inizia a salire l’ansia.
Perché a me? E sì che sono stato battezzato!
La situazione è chiara, pur non lavorando nei R.I.S. è facile capire che potevo diventare un’altra vittima del folle criminale Acquabomber.
“È meglio se la dà a me signore”, starnazza la cassiera.
“Guardi che forse sarebbe il caso di portarla alla polizia”.
“Ci vuole denunciare perché si è bagnato i calzoni?”
“Intendo dire… probabilmente è stata bucata apposta con una siringa da qualche psicopatico. Non mi stupirebbe trovarci dentro tracce di ammoniaca o varechina”.
“Ma va là, non sia apprensivo”.
“Qui non si tratta di essere come dice lei, però ci vuole attenzione e prevenzione in queste cose”.
“Scommetto che lei è uno di quelli che ha smesso di mangiare il pollo per il virus dell'influenza aviaria?” a stento trattiene le risa.
“Il pollo lo mangio ogni giorno”, cioè, non proprio ogni giorno, ok, è da qualche anno che non lo compro, non vorrei… sapete… posso vivere bene anche senza… perché rischiare?!
“Se le interessa, c’è lo sconto sul pollame”.
Questa cassiera è pazza, a guardarla attentamente assomiglia alla signora della strage di Erba. Mio dio, è lei!
“Ascolti, un conto è essere apprensivo, un altro è quello di essere incosciente”.
“Certo”.
“Non mi assecondi per cortesia” preciso.
“Va bene”.
Ho le mani che puzzano di ammoniaca, oppure è un altro veleno, magari solo acqua, non riesco a capire; dovrei fissare una visita dal dermatologo.
Sono spaventato, lo sguardo docile della cassiera è inquietante, sorride o ghigna maleficamente? Da un momento all’altro giungerà anche suo marito. Tremo come un’antilope zoppa appena avvistata da un leopardo.
Nel frattempo alla cassa n°1 giunge un signore anziano, fresco e profumato di doccia sotto l'acqua di
colonia.
“Questa volta mi tenga il posto. Vado a prendere un’altra bottiglia e torno in un lampo” e le consegno l’ultima creazione di Acquabomber.
“Non si preoccupi” risponde operando al contrario.
Evidentemente le manca un filo conduttore tra parole e azioni. Questo spiegherebbe cosa la spinge a far passare il codice a barre di minestrine e adesivi per dentiera.



 


 

giovedì 27 novembre 2014

CITAZIONE 034 (rubrica)





Lei non vaga, lei non vaga qui
lei non vaga qui, lei non vaga qui.
La direzione dello sguardo è così ingannevole,
la defezione dell'anima è così nauseante e veloce,
non metto in dubbio la nostra esistenza
metto semplicemente in dubbio i nostri bisogni moderni.

Lei non vaga, lei non vaga qui
Lei non vaga qui.
Io camminerò, con le mani legate
io camminerò, con la faccia insanguinata
io camminerò, con la mia ombra pendente
nel tuo giardino, giardino di pietra. 

Dopo che tutto è stato fatto e siamo ancora soli
non mi farò acchiappare, allora me ne andrò, con le mani legate.
Io camminerò, con la faccia insanguinata
io camminerò, con la mia ombra pendente
nel tuo giardino, giardino di pietra.
Io non metto in mostra, io non condivido
non ho bisogno, sai, di ciò che hai da dare.


Io camminerò, con le mani legate
io camminerò, con la faccia insanguinata
io camminerò, con la mia ombra pendente, Nel tuo giardino, giardino...

Io camminerò, con le mani legate,
io camminerò nel tuo giardino, giardino di pietra.
Io non so, non m'importa,
non ho bisogno che tu viva per me.



Gruppo musicale: Pearl Jam

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

venerdì 21 novembre 2014

SCENDO A COVENT GARDEN (rubrica)





Scendo a Covent Garden. Qualche passo dilatato prima di estrarre dalla Freshjive da viaggio l'ultimo Manga-Hero italiano non ancora letto. La numero 8 dei Massive Attack continua nel suo repeat e va annullandosi in un silenzio apatico, tanto il mio cervello ne è saturo. Poca pioggia autunnale. Seguo le mie gambe riflesse nelle vetrine. Quanta morbosità c'è in me.

                                                                  * * *

Ascoltami. Sono sola e in lacrime dentro una chiesa vuota. L'incenso acre soffia sui ceri accesi. Torta di compleanno piena di terrore. Qualcuno intoni un Happy Birthday denso di riverberi.

                                                                    * * *

Ascoltami. Guardami. Toccami. Mangiami. In silenzio tra le urla.



tratto da: Destroy (di Isabella Santacroce)

dalla rubrica: Il giusto degli altri

martedì 11 novembre 2014

CITAZIONE 033 (rubrica)





Per te ero una fiamma,
l'amore è un gioco in cui si perde.
Cinque storie, fuoco appena sei arrivato,
l'amore è un gioco in cui si perde.

Perché vorrei non aver mai giocato?
Che casino abbiamo combinato
e adesso la montatura finale è che
l'amore è un gioco in cui si perde.

Sviluppato dal gruppo,
l'amore è una mano perdente,
più di quello che potevo sopportare,
l'amore è una mano perdente.

Dichiarato da sé, profondo
fino a che cadono i frammenti,
so che sei un uomo che ama il gioco d'azzardo
ma l'amore è una mano perdente.

Sebbene io sia piuttosto cieca,
l'amore è un destino rassegnato,
i ricordi rovinano la mia mente,
l'amore è un destino rassegnato.

Tutte le nostre questioni futili
e presi in giro dalle divinità,
e adesso la montatura finale è che

l'amore è un gioco in cui si perde.



cantante: Amy Winehouse

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

martedì 4 novembre 2014

LA VITA TI SORRIDE, MA ALLE SPALLE (spot)


Davvero non ti chiedo altro: sparisci. 
Ehi, non nel senso che domani non ti trovano più i tuoi genitori, i parenti si allarmano, gli amici piangono e i conoscenti si disperano. E poi interviene la polizia e il telegiornale parlerà di te e si penserà a un rapimento di qualche banda di malviventi professionisti o a qualche banda improvvisata e quindi più pericolosa. Oppure a un rapimento degli alieni. Magari il tuo vicino di casa avanzerà l’ipotesi di un tuo volontario allontanamento perché qualche giorno fa gli hai detto in ascensore che ti sentivi un pochino depressa.  
No no, non mi auguro niente di tutto questo, giurin giuretta. Però: sparisci. Sul serio. Niente scherzi. Perché non lo fai?! No perché poi diventa ossessione, e mica mi piace. Che poi uno sembra non uscirne più e affiorano tutte quelle paturnie che ti fanno dire a notte inoltrata “Un altro giro, offro io”. 
Intendo che un bel giorno... Puf! E non ci sei più. Ti levi di mezzo dai miei pensieri, e non ci riappari nemmeno per errore, neanche per caso, neppure per fatalità. No. Proprio no. 
Ti alzi (se sei seduta) e te ne vai senza troppi se e ma. Perché qui non posso passare il tempo a contare i tuoi passi e gesti e mezze frasi, e che forse quella volta pensavi che, e probabilmente quello sguardo sotto sotto nascondeva che. No. Enne. O. 
Chiaro? Capisci? Intendi? E poi, chiariamoci, non vale fare comparsate mentre sogno, smettiamola subito. 
Regola n° 2: è severamente vietato apparire nei sogni dell’altro. Sia nei sogni che finiscono bene e quindi poi uno si sveglia già afflitto; sia i sogni che finiscono male e quindi poi uno si sveglia già addolorato. Per non parlare dei sogni che non finiscono e quindi uno si sveglia già echecazzo. No. Enne. O. Comprendi? Afferri? Recepisci? Ma tu no. Ti ostini a lasciare l’impronta, la traccia, la scia; perfino a tua insaputa. 
Facciamo che da oggi (vale anche domani, poi basta però) è come se non ci fossi più nei miei giorni. Come se vivessimo su due universi paralleli. Ecco. Ci provo. Questa volta vale per tutte. E’ l’ultima dell’ultimissima. 
Sparisci. Sparisci. Sparisci. Chiudo gli occhi. Incrocio le dita. Dai che forse stavolta…


La vita ti sorride, ma alle spalle

Progetto teatrale a cura di: Francesco Bittasi, Armando Meroni e Salvatore Zeno
Scritto daFrancesco Bittasi, Armando Meroni, Salvatore Zeno e Alessandra Lanza.
Con: Claudia Cataldo, Adriano Cavicchia, Martina Gentilino, Alessandra Lanza, Francesco Lombardo, Nicoletta Marrini, Jacopo Odoni, Laura Tombini e Irene Venditti.

Qui potete gustarvi il trailer

http://vimeo.com/109379623


video a cura di: Marco Scotuzzi




mercoledì 29 ottobre 2014

NEI POSTI COME QUELLO DOVE STAVAMO NOI... (rubrica)





Nei posti come quello dove stavamo noi - lo chiamano Slotter Vaart - non succede mai niente: calcestruzzo e cemento dappertutto; un bar, un supermercato, un ristorante cinese. Potevamo trovarci in qualsiasi parte del mondo. E' il centro della città che ti dà il senso di dove sei. Lì dove stavo, non c'era differenza rispetto a Wester Hailes o Kingsmead, i posti da dove, venendo qui, ero voluto scappare. Solo che non ero scappato per niente. Un bidone dei rifiuti per i poveri sarà sempre uguale dappertutto, a prescindere dalla città che lo fornisce.



* * *


In Chrissie vidi una persona che si era trovata in guerra con se stessa e con il mondo e aveva cercato una vita migliore scopando e drogandosi senza capire che così scendeva solo a compromessi con i suoi problemi.




Da: Acid House (Irvine Welsh)

dalla rubrica: Il giusto degli altri

mercoledì 22 ottobre 2014

CITAZIONE 032 (rubrica)





Qui non c'è più calma,
settembre ci porterà via con sé 
e
come una roccia
che pende.
Avremo le stesse pretese, 
addosso a me e te.

Poi ritorna l'alba 
che vibra,
è solo che sei in me come una roccia,
per niente avremo le stesse difese, 
addosso a me e te.

Topi blu ballano sull'oceano, 
nulla è più vero,
è più vero.

Qui non c'è più calma,
settembre ci porterà via con se
con sé,
le nostre difese sfidano la follia

che ormai non sa di niente, 
niente, 
niente, 
niente.


Gruppo musicale: Verdena

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

giovedì 16 ottobre 2014

MI AFFACCIO FRETTOLOSO SUL BALCONE (rubrica)

Mi affaccio frettoloso sul balcone, l'incoscienza post-adolescenziale che ci investe con il sopraggiungere (nostro malgrado) della maggiore età è un mix di adrenalina e spettacolo, forse è proprio la paura di un approccio con un mondo nuovo e definitivo che ci catapulta indietro verso terre amate di cui ci sentiamo padroni, dove non esiste esperienza, non c'è niente da proteggere o da progettare, vale solo il divertimento giocato al limite delle proprie possibilità.

Essere ragazzi è un po' come essere dei supereroi, senza però le enormi responsabilità, l'ammirazione delle masse e i favori delle pupe.



'Di tutte le fate' (Alberto Gavellotti)
(Dalla rubrica: Il giusto degli altri)




giovedì 9 ottobre 2014

SAI CHE MI PIACE...

Sai che mi piace un sacco quando mi accomodo qui, tra queste righe. 
Talvolta è come sdraiarmi al parco, e  mi sembra di essere lontano da tutti, pur continuando a sentire la metropolitana che mi passa sotto, e il tram che mi passa affianco.
Comunque qui è un buon posto per me, è quieto, un po' stretto, ma tutto sommato va bene così.

Mi piace quando anticipi che farai male, perché alla fine non sono mai pronto, e ogni volta è come cadere dalla sedia. 
E quando ho il culo a terra, capisco che non abito dove vivi tu.

Sai che mi piace da impazzire quando mi rilasso qui, tra queste foto, a volte è come se non ci fossimo mai persi di vista, e mi sembra di esserti vicino; pur continuando a vivere dall'altra parte della città, a sentire le telefonate della mia vicina di casa, e le urla del custode contro qualche tizio che distribuisce volantini.
Comunque qui è un ottimo luogo per me, è tranquillo, un po' troppo grande, ma tutto sommato me la faccio andare bene così.

E tu? Non passa mai alla radio quella che era la nostra canzone?
A me capita sovente. A volte penso addirittura che la sento solo io, e per 4:32 minuti le frequenze di VirginRadio arrivano nel mio soggiorno dritte e diverse dagli altri. 
Mi costringono a pensare a quando prendevamo il treno all'ultimo minuto di sabato, e quando si tornava la domenica pomeriggio; come gli adolescenti. 

Mia cara, ho così tante cose da dirti che un abbraccio non le racconta tutte.



Luca L.





venerdì 3 ottobre 2014

CITAZIONE 031 (rubrica)





Ogni volta divento nervoso,
c'è qualcuno intorno a me a un passo di distanza.
È terribile, nella stanza in cui sto i muri vibrano e 
cominciano a stringersi intorno a me troppo velocemente o un po' troppo piano.
Sono paranoico, ho paura delle persone e si vede,
c'è un tizio che non posso scuotere,
sulle mie spalle c'è un bel peso.

Seduto sul mio letto, oppure disteso ma ancora sveglio,
sento i demoni nella mia testa,
e sono troppi, non ce la faccio a sopportarli.
Penso di essere in un circolo vizioso, ma sono debole,
tutto quello che posso dire è che devo scappare da me stesso.

Ti dico una cosa che sicuramente è sbagliata:
ho la testa fra le nuvole, ma le scarpe ben allacciate.
Sto evitando tutti i miei amici perché sono come insetti.
La vita è come un indovinello, e io sono veramente perplesso.
Se ragioni, non te ne accorgi?
La tua preoccupazione è dove arriverai.
Credo di essere seguito, mi guardo intorno,
ma è soltanto la mia ombra che striscia al suolo.

Seduto sul mio letto, oppure disteso ma ancora sveglio,
sento i demoni nella mia testa,
e sono troppi, non ce la faccio a sopportarli.
Penso di essere in un circolo vizioso, ma sono debole,
tutto quello che posso dire è che devo scappare da me stesso.
È che devo scappare da me stesso.


È che devo scappare da me stesso.



gruppo musicale: The Offspring

(dalla rubrica: citarsi è un po' deprimersi)

martedì 23 settembre 2014

LA PIOGGIA TRASFORMA PIAZZE E STRADE (rubrica)

La pioggia trasforma piazze e strade in caverne allagate e scroscianti che comunicano attraverso le gallerie secche della metropolitana. Matteo sbuca dal sottosuolo tiepido dell'acquario freddo del corso e impiega un quarto d'ora a trovare Sonia in mezzo alla gente. Gli striscioni ciondolano fradici sfiorando il selciato. Percussionisti ostinati tormentano le pelli dei tamburi al riparo di cerate trasparenti. Sonia cammina sotto un ombrellino bordeaux e nero con disegni e manico rococò. Matteo la avvista, incongrua e perfetta, e la raggiunge con calma, per guardarla senza che lei se ne accorga.
A metà corteo sono zuppi, la stoffa dell'ombrello non fa altro che polverizzare la pioggia in goccioline che penetrano ovunque. La folla rallenta, poi si arresta del tutto. Ci si alza sulle punte, s'allungano i colli per vedere cosa succede più avanti. Arriva qualche slogan rauco reso incomprensibile dal diluvio. Un anziano col berretto da ciclista riferisce a Matteo e Sonia che più avanti si fronteggiano le forze dell'ordine e un gruppo di manifestanti che lui definisce 'autonomi', ma "adesso li convinciamo a lasciar perdere".


Autore: Marco Bosonetto

tratto da: Morte di un diciottenne perplesso

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)





giovedì 18 settembre 2014

CITAZIONE 030 (rubrica)





Sarebbe sbagliato chiederti perché?
Perché? 
So cosa succede dentro,
è solo la metà di quello che si vede da fuori.
Non è per questo?
per ricordarci che eravamo vivi,
per ricordarci che non eravamo ciechi.
In quel grande, oscuro buco,
comodo,
scavandosi la tomba, l'ho preparata già pronta.

Lascio dentro qualcosa, o getto di fuori?
Hai lasciato la porta spalancata,
so che hai un motivo,
è meglio lasciare quel nodo insoluto,
me ne sono appena andato a disfare il mio.
C'è voluto un po' di tempo,
e le ombre sono così grandi.
Il sole è già tramontato
e i sentimenti se ne vanno se chiudi la porta.

Rassicurante.



gruppo musicale: Faith No More

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi) 

mercoledì 10 settembre 2014

PIOVE COL SOLE, trailer (spettacolo teatrale)

'Piove col sole' è il secondo spettacolo della Compagnia teatrale Oclap
Un breve estratto:

- Avrei preferito vederti, entrare dentro i tuoi occhi profondi, come una pupilla
- E mostrarti che c'è un altro modo di guardare alla vita
- Una maniera meno terrena
- E più eterea
- Sono passati pomeriggi importanti tra noi, sono emerse ferite che apparentemente sembravano sorrisi
- Ho tagliato e cucito, è il mio ruolo, rendere più vivibile la superficialità
- Intesa come una realtà che galleggia in superficie
- E tu ora puoi dire di stare in perfetta simmetria tra il cielo e la terra
- Ed è per questo che noi non possiamo condividere quel che fino ad ora abbiamo spartito, per un semplice motivo: io non posso tenere i piedi a terra
- Non perché non voglia, ma perché facciamo parte di realtà diverse
- Questa lettera è realtà. Io non lo sono, almeno non tangibile del tutto
- Almeno non per te
- O forse sì, ma bisogna che tu mi creda
- Lasciami andare via, perché devo
- Perché non tutto si può spiegare a parole
- Non tutto è decifrabile e materiale
- I nostri sguardi, carezze, sospiri
- I nostri attimi vissuti insieme ti hanno aiutato in un brutto periodo, e ti hanno permesso di rendere migliore il presente
- Questo era e rimane il mio compito, ed ora che è stato svolto... devo andare, dove c'è bisogno di me
- Ora devo proprio

- Abbi cura di te. 

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Spettacolo Teatrale scritto da Andrea Bruson e Francesco Bittasi 
Interpretato da: Giulia Di Fonzo, Fabio De Marco e Francesco Bittasi
Diretto da: Francesco Bittasi

Luci: Marta Shafik
Musiche: Andrea Bruson
Riprese: Beppe Tufarulo

Montaggio: Beppe Tufarulo

Qui sotto potete gustarvi il trailer dello spettacolo:



martedì 2 settembre 2014

ADESSO. IN QUESTO PRECISO ISTANTE

Adesso.
In questo preciso instante.
Ora, non tra un po'. Ora.
Dovresti magicamente comparire qui, di fianco a me, accanto a quel calorifero (sì, ricordo perfettamente che in inverno spiaccicavi il tuo culo sul quell'angolo di casa per trovare calore).
E per una volta te ne stai zitto, e mi ascolti.
Solo che - non so perché - dovresti materializzarti qui adesso. Perché poi non va bene, non funziona; è fuori contesto.
Per cui adesso ripeto il tuo nome e tu fai puf, e compari stupendo come solo tu puoi essere.
È che sono fatta male: quando penso di esprimere una carineria, parto da lontano, molto lontano. E intorno comincio a seminare frasi, poi le coltivo e poi quando ho la parola giusta da dire… si è fatto tardi. E probabilmente tu hai già detto – senza volerlo – una frase che a me ha dato fastidio. E allora poi mi fisso su quella sillaba, e non vedo più il seme, l’orto e il giardino delizioso che avevo in serbo per te.
È che sono fatta male. Ma vorrei essere fatta meglio. Però do il meglio di me quando sto così male.
E allora adesso tu vieni qui. Vai vicino a quel vecchio calorifero, e ti becchi tutto quello che ho da dirti.
Però se non vieni, se non sbuchi magicamente, tutto verrà vanificato; e io domani rimetterò i miei panni di sempre, e tutto sarà come se mai avessi pensato di volerti nella mia stanza, appoggiato a quell'arrugginito calorifero.
E poi sono un po’ sbronza, colpa del secondo giro, oppure del chupito finale; me lo offre sempre il proprietario del locale. Io dico di no, lui insiste. Io dico no grazie, lui persiste. Io dico no dai grazie, e lui intanto versa il rum nel bicchierino. Resisto qualche altro secondo e poi butto giù. Lo faccio solo perché nella mia testolina bacata penso che lo offenderei, e io non voglio. Solo che non mi piace il rum, mi fa schifo così liscio e poi… ops, sto divagando!
Stavo dicendo: muoviti ad arrivare qui! Altrimenti questo momento passa, e – lo sa solo Dio – proprio in questo momento ho trovato le parole giuste da dirti, le ho qui con me, proprio adesso e non posso perderle solamente perché tu non senti che ti sto chiamando con la mente, e con il cuore. Cristo Santo. Non lo senti il battere del mio cuore. Non lo senti scandire il tuo nome. Quanto fottutamente sordo sei?! Sei scemo. E sordo. E scemo. Cazzovaffanculo.
Tre. Due. Uno. Mezzo. Un quarto.
.........
Mi senti?
.........!
Uffa. Merda.

È che domani mi sarò dimenticata queste quattro parole che ho in gola da dirti, da confessarti. Tra un’ora sarà tutto svanito. E tu brutto scemo, non lo saprai mai.
E allora ho pensato di scriverti.
Chissà mai che un giorno capisci quanto sono tua, nonostante le apparenze.
E ti aspetto, anche se come mago sei una schiappa. Anche se come illusionista sei una frana. Come cavaliere non ne parliamo nemmeno. E poi non dimenticare che sei sordo, ah sì, questo te l’ho già detto.
Adesso scrivo queste quattro parole.
……
…………….
……
……e.
Pensavi fosse così semplice, eh?! Scemo. Riempile, se combaciano sarò tua, per sempre.








p.s. Quanto odio quel calorifero.