martedì 23 settembre 2014

LA PIOGGIA TRASFORMA PIAZZE E STRADE (rubrica)

La pioggia trasforma piazze e strade in caverne allagate e scroscianti che comunicano attraverso le gallerie secche della metropolitana. Matteo sbuca dal sottosuolo tiepido dell'acquario freddo del corso e impiega un quarto d'ora a trovare Sonia in mezzo alla gente. Gli striscioni ciondolano fradici sfiorando il selciato. Percussionisti ostinati tormentano le pelli dei tamburi al riparo di cerate trasparenti. Sonia cammina sotto un ombrellino bordeaux e nero con disegni e manico rococò. Matteo la avvista, incongrua e perfetta, e la raggiunge con calma, per guardarla senza che lei se ne accorga.
A metà corteo sono zuppi, la stoffa dell'ombrello non fa altro che polverizzare la pioggia in goccioline che penetrano ovunque. La folla rallenta, poi si arresta del tutto. Ci si alza sulle punte, s'allungano i colli per vedere cosa succede più avanti. Arriva qualche slogan rauco reso incomprensibile dal diluvio. Un anziano col berretto da ciclista riferisce a Matteo e Sonia che più avanti si fronteggiano le forze dell'ordine e un gruppo di manifestanti che lui definisce 'autonomi', ma "adesso li convinciamo a lasciar perdere".


Autore: Marco Bosonetto

tratto da: Morte di un diciottenne perplesso

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)





giovedì 18 settembre 2014

CITAZIONE 030 (rubrica)





Sarebbe sbagliato chiederti perché?
Perché? 
So cosa succede dentro,
è solo la metà di quello che si vede da fuori.
Non è per questo?
per ricordarci che eravamo vivi,
per ricordarci che non eravamo ciechi.
In quel grande, oscuro buco,
comodo,
scavandosi la tomba, l'ho preparata già pronta.

Lascio dentro qualcosa, o getto di fuori?
Hai lasciato la porta spalancata,
so che hai un motivo,
è meglio lasciare quel nodo insoluto,
me ne sono appena andato a disfare il mio.
C'è voluto un po' di tempo,
e le ombre sono così grandi.
Il sole è già tramontato
e i sentimenti se ne vanno se chiudi la porta.

Rassicurante.



gruppo musicale: Faith No More

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi) 

mercoledì 10 settembre 2014

PIOVE COL SOLE, trailer (spettacolo teatrale)

'Piove col sole' è il secondo spettacolo della Compagnia teatrale Oclap
Un breve estratto:

- Avrei preferito vederti, entrare dentro i tuoi occhi profondi, come una pupilla
- E mostrarti che c'è un altro modo di guardare alla vita
- Una maniera meno terrena
- E più eterea
- Sono passati pomeriggi importanti tra noi, sono emerse ferite che apparentemente sembravano sorrisi
- Ho tagliato e cucito, è il mio ruolo, rendere più vivibile la superficialità
- Intesa come una realtà che galleggia in superficie
- E tu ora puoi dire di stare in perfetta simmetria tra il cielo e la terra
- Ed è per questo che noi non possiamo condividere quel che fino ad ora abbiamo spartito, per un semplice motivo: io non posso tenere i piedi a terra
- Non perché non voglia, ma perché facciamo parte di realtà diverse
- Questa lettera è realtà. Io non lo sono, almeno non tangibile del tutto
- Almeno non per te
- O forse sì, ma bisogna che tu mi creda
- Lasciami andare via, perché devo
- Perché non tutto si può spiegare a parole
- Non tutto è decifrabile e materiale
- I nostri sguardi, carezze, sospiri
- I nostri attimi vissuti insieme ti hanno aiutato in un brutto periodo, e ti hanno permesso di rendere migliore il presente
- Questo era e rimane il mio compito, ed ora che è stato svolto... devo andare, dove c'è bisogno di me
- Ora devo proprio

- Abbi cura di te. 

______________________________________________________________________


Spettacolo Teatrale scritto da Andrea Bruson e Francesco Bittasi 
Interpretato da: Giulia Di Fonzo, Fabio De Marco e Francesco Bittasi
Diretto da: Francesco Bittasi

Luci: Marta Shafik
Musiche: Andrea Bruson
Riprese: Beppe Tufarulo

Montaggio: Beppe Tufarulo

Qui sotto potete gustarvi il trailer dello spettacolo:



martedì 2 settembre 2014

ADESSO. IN QUESTO PRECISO ISTANTE

Adesso.
In questo preciso instante.
Ora, non tra un po'. Ora.
Dovresti magicamente comparire qui, di fianco a me, accanto a quel calorifero (sì, ricordo perfettamente che in inverno spiaccicavi il tuo culo sul quell'angolo di casa per trovare calore).
E per una volta te ne stai zitto, e mi ascolti.
Solo che - non so perché - dovresti materializzarti qui adesso. Perché poi non va bene, non funziona; è fuori contesto.
Per cui adesso ripeto il tuo nome e tu fai puf, e compari stupendo come solo tu puoi essere.
È che sono fatta male: quando penso di esprimere una carineria, parto da lontano, molto lontano. E intorno comincio a seminare frasi, poi le coltivo e poi quando ho la parola giusta da dire… si è fatto tardi. E probabilmente tu hai già detto – senza volerlo – una frase che a me ha dato fastidio. E allora poi mi fisso su quella sillaba, e non vedo più il seme, l’orto e il giardino delizioso che avevo in serbo per te.
È che sono fatta male. Ma vorrei essere fatta meglio. Però do il meglio di me quando sto così male.
E allora adesso tu vieni qui. Vai vicino a quel vecchio calorifero, e ti becchi tutto quello che ho da dirti.
Però se non vieni, se non sbuchi magicamente, tutto verrà vanificato; e io domani rimetterò i miei panni di sempre, e tutto sarà come se mai avessi pensato di volerti nella mia stanza, appoggiato a quell'arrugginito calorifero.
E poi sono un po’ sbronza, colpa del secondo giro, oppure del chupito finale; me lo offre sempre il proprietario del locale. Io dico di no, lui insiste. Io dico no grazie, lui persiste. Io dico no dai grazie, e lui intanto versa il rum nel bicchierino. Resisto qualche altro secondo e poi butto giù. Lo faccio solo perché nella mia testolina bacata penso che lo offenderei, e io non voglio. Solo che non mi piace il rum, mi fa schifo così liscio e poi… ops, sto divagando!
Stavo dicendo: muoviti ad arrivare qui! Altrimenti questo momento passa, e – lo sa solo Dio – proprio in questo momento ho trovato le parole giuste da dirti, le ho qui con me, proprio adesso e non posso perderle solamente perché tu non senti che ti sto chiamando con la mente, e con il cuore. Cristo Santo. Non lo senti il battere del mio cuore. Non lo senti scandire il tuo nome. Quanto fottutamente sordo sei?! Sei scemo. E sordo. E scemo. Cazzovaffanculo.
Tre. Due. Uno. Mezzo. Un quarto.
.........
Mi senti?
.........!
Uffa. Merda.

È che domani mi sarò dimenticata queste quattro parole che ho in gola da dirti, da confessarti. Tra un’ora sarà tutto svanito. E tu brutto scemo, non lo saprai mai.
E allora ho pensato di scriverti.
Chissà mai che un giorno capisci quanto sono tua, nonostante le apparenze.
E ti aspetto, anche se come mago sei una schiappa. Anche se come illusionista sei una frana. Come cavaliere non ne parliamo nemmeno. E poi non dimenticare che sei sordo, ah sì, questo te l’ho già detto.
Adesso scrivo queste quattro parole.
……
…………….
……
……e.
Pensavi fosse così semplice, eh?! Scemo. Riempile, se combaciano sarò tua, per sempre.








p.s. Quanto odio quel calorifero.