mercoledì 30 gennaio 2019

NON SO SE MI CREDERETE (rubrica)

Non so se mi crederete. 



Passiamo metà della vita a deridere ciò in cui altri credono, e l’altra metà a credere in ciò che altri deridono. 
Camminavo una notte in riva al mare di Brigantes, dove le case sembrano navi affondate, immerse nella nebbia e nei vapori marini, e il vento dà a i rami degli oleandri lente movenze di alga.
Non so dire se cercassi qualcosa, o se fossi inseguito: ricordo che erano tempi difficili ma io ero, per qualche strana ragione, felice. Improvvisamente dal sipario del buio uscì un vecchio elegante, vestito di nero, con una gardenia all’occhiello, e passandomi vicino si inchinò leggermente. Mi misi a seguirlo incuriosito. 
Andavo di buon passo ma faticavo a stargli dietro, perché sembrava che procedesse volando a un palmo da terra, e i suoi piedi non facevano rumore sul legno umido del molo. 
Il vecchio si fermò un attimo, tracciando in aria gesti con cui sembrava calcolare la posizione delle stelle. 
Poi annuì con la testa e prese a discendere una scalette che dal molo calava nelle acque scure.

- Si fermi signore – gridai – non lo faccia!


tratto da: Il bar sotto il mare (di Stefano Benni)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

mercoledì 23 gennaio 2019

L'INVERNO DENTRO

L'inverno dentro;





è che mi hai ferito.
E oggi tutto scende liquido e dentro si fa pesante, non trova scudi né barriere.
è che non avresti dovuto nasconderci e nasconderti e sommergere e annaspare e affogare e andare a fondo.
Oggi saremmo migliori se tu non fossi andata a fondo.
Oggi avremmo le mani unite se non fossi balzata al volo dalla finestra;
è che ti ho ferita.
E oggi tutto diventa muro e fuori l'aria è gelida, non trova ganci e scogli;
è che non avrei dovuto scherzare e improvvisare e giocare e aprire e sorprendermi e metterti là sopra come il meglio che c'è.
Ed è questo che c'è: ché sei il meglio per me.
E cazzo.
E tutto questo parlare e scrivere e attendere e
tutto questo silenzio e leggere e correre a vuoto
mi rende stanco, e vulnerabile.

E qui si gela;


è che siamo feriti.

E adesso ci sono graffi -per difesa.
E qui si trema dal freddo;
è che siamo a pezzi.
E ora ci sono spazi vuoti dentro che non vengono riempiti in nessun modo.
Nemmeno col la "brillante" strategia del tempo, nemmeno con tutto quello che c'è.


Luca L.

venerdì 18 gennaio 2019

CITAZIONE 105 (citazione)



C'è ancora un po' del tuo sapore nella mia bocca,
ancora un po' di te legato al mio dubbio,
è ancora un po' difficile dire cosa stia succedendo.

C'è ancora un po' del tuo fantasma, la testimonianza di te
ancora un po' del tuo viso che non ho baciato,
vieni sempre più vicino ogni giorno
talmente che non riesco a dire cosa stia succedendo.

Le pietre mi hanno insegnato a volare,
l'amore, mi ha insegnato a mentire,
la vita, mi ha insegnato a morire,
quindi non è difficile cadere
quando fluttui come una palla di cannone.

C'è ancora un po' della tua canzone nel mio orecchio,
ancora un po' delle tue parole che vorrei tanto sentire,
vieni sempre più vicino a me
così vicino che non riesco a vedere cosa stia succedendo.
Le pietre mi hanno insegnato a volare

Le pietre mi hanno insegnato a volare,
l'amore, mi ha insegnato a mentire,
la vita, mi ha insegnato a morire,
quindi non è difficile cadere
quando fluttui come una palla di cannone.

Le pietre mi hanno insegnato a volare,
l'amore mi ha insegnato a piangere,
quindi avanti, coraggio
insegnami ad essere timido,
quindi non è difficile cadere.

E non voglio spaventarla,
quindi non è difficile cadere
e non voglio perdere,
non è difficile crescere
quando sai solo di non sapere.


cantante: Damien Rice

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

venerdì 11 gennaio 2019

AVEVAMO QUELLE DUE GIOVINEZZE RECLUSE (rubrica)

Avevamo quelle due giovinezze recluse, quella specie di esilio insensato, e l’unica cosa era immaginare tutto quello che non avevamo. 
Storie. 
Io scrivevo per lui. 
Per me. 
Chissà. 
Eravamo lontani da tutto. 
Troppo lontani.
Solo adesso so che è una delle cose più belle che ho fatto. 
Quei mesi con Ultimo. 
A portare in giro pianoforti. 
E le sere a scrivere per lui. 
Ogni tanto riscrivevo le storie che mi aveva raccontato lui. 
Mi piaceva farlo diventare un personaggio da romanzo, un’invenzione. 
Volevo che sapesse che era una persona speciale, di quelle che si leggono nei libri, di quelle che lui leggeva nei fumetti. 
Un eroe. 



Ecco, forse volevo sapesse che lui era un eroe. 
Dirglielo, questo mai.
Io non parlavo mai. 
Anche adesso sono una donna educata, cordiale, ma niente di più. 
Sono ammutolita in qualche istante dimenticato della mia fanciullezza, e poi non c’è stato più niente da fare. 
Scrivere, ho scritto tanto. 
Ma scrivere è una forma sofisticata di silenzio.


tratto da: Questa storia (di Alessandro Baricco)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

giovedì 3 gennaio 2019

QUANDO TU (5 di 5)




Quando prendi il tram,
quando leggiamo un libro insieme,
quando ceniamo a casa.

Quando facciamo la pace,
quando ci sdraiamo sul tappeto,
quando scegliamo cosa guardare e non decidiamo mai o vorremmo vedere ogni titolo.

Quando andiamo in auto,
quando "Le coccole",
quando stiamo insieme, come se ci fossimo solo noi al mondo.

Quando dici papà.

Ecco, tutto questo è il meglio che c'è -per me,
e il giovedì è il giorno migliore della settimana.
Quanto bene per te.


Luca L.