giovedì 28 aprile 2016

È UNA QUESTIONE DI SCALINI

È una questione di scalini.
Il giorno dopo è questo il punto.
Quanti gradini pensi di scalare prima di poter vedere oltre i propri errori?
"Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo." (cit.)

Ebbene, sai cosa penso oggi?
Penso che sia profondamente scorretto condividere una via d'uscita due ore (seee okay, diciamo tre/quattro/cinque ore ma non è questo il punto) dopo aver visto un film insieme.
Un film insieme. 
Ma diamine.
Ci sono regole non scritte che dovrebbero essere rispettate, se l'aspettativa è quella di correre mano nella mano.
Insomma, non ci si avvinghia a un Mr. Rimpiazzo qualsiasi dopo aver visto un film assieme; nello stesso giorno, cazzo.
Nello. Stesso. Giorno. Due. Ore. Dopo. Cazzo.
Si può essere "corretti" anche quando si provocano lividi.
E io ne so qualcosa sai, lo so perché non faccio altro che colpire - per difesa. 

E adesso cosa ti aspetti? Attendi di vedere passi in avanti?
Oggi è il giorno dopo.
E quando sono nel giorno dopo, penso solamente ai giorni di prima.
Mi contorco e osservo la prospettiva da tutti i punti di vista, ma il primo che mi arriva è ineluttabilmente il mio, di punto di vista. E oggi è appannato, sbiadito, perché ho lo sguardo che guarda indietro invece che avanti.
Ehi, domani andrà tutto bene e ci ameremo come mai ci siamo amati prima. E ce lo diremo sussurrandoci, poi alzando la voce, e poi lo ripeteremo ansimando. E poi ce lo diremo come saluto serale.
E sarà l'ultima frase, giusto per ribadirlo, per sottolinearlo.
Ma ora è tutta una questione di scalini. Proprio dove ci siamo baciati qualche ora prima, sugli scalini.
Caso curioso.
Cazzo, non si incontra Mr. Rimpiazzo se si vogliono salire gli scalini.
Altrimenti diventiamo parte del film, e non parte del pubblico. E dentro un film non mi trovo bene, perché arriva sempre il finale, anche nei film interminabili, alla fine, giunge il finale. E non credo di volerlo.

Adesso sono seduto su un gradino, attendo.
Bevo una birra, tra poco sarai di fianco a me; e questo mi fa sorridere, nonostante tutte le ferite, penso proprio che domani guarderò avanti.
L'ho sempre detto: sono amante dei finali aperti.
E quando mi rimproverano "Perché hai lasciato il finale aperto?"
Be', a me piace così, pensare che una storia possa continuare anche dopo i titoli di coda, dopo gli applausi per gli attori di teatro.
Mi piace pensare che sia liquida, e fuori dalla cornice, e che prosegua - da sola - senza indicazioni da parte di chi l'ha scritta.
Un po' come questo post.
Dicevo, a momenti sarai qui vicina a me.
Chissà.




Luca L.

p.s. Per dirla tutta, questo finale mi pare proprio tutto tranne che aperto.





giovedì 21 aprile 2016

CHISSÀ POI PER QUANTO TEMPO... (2 di 3)



Chissà poi per quanto tempo ti sembrerà di apparire disordinato, e quando invece lo sarai davvero.
Chissà poi se sei più soddisfatto adesso, ora che sei un po' più al sicuro e accovacciato dentro l'armatura.
Chissà poi chi te lo fa fare a stare lì, a riflettere continuamente.
Chissà poi di cosa parli con Miss Appenaconosciuta.
Chissà poi se sei più contento a non esporti mai troppo, verso l'altra.

Chissà poi se ti sentirai meglio a sentirti più riposata.
Chissà se aspetterai ancora un ultimo messaggio, o il primo della giornata.
Chissà poi se ti sentirai gratificata a non guardarti troppo indietro.
Chissà se troveremo mai un accordo che soddisfi entrambi.
Chissà se diremo ancora "E domani?"
Chissà se ti taglierai i capelli corti, o li farai crescere, o troverai una nuova capigliatura.
Chissà se faremo ancora parte del discorso pomeridiano.
Chissà come staremo, se come ieri non lo saremo più.

Alla fine, chissà se il tuo ragionamento logico, che proprio non fa una piega; dicevo, chissà se questo tuo rispettabile ragionamento, dopo il lavoro, ti abbraccia. Chissà.



L. Lama


venerdì 15 aprile 2016

QUANDO VADO A TEATRO (rubrica)


Quando vado a teatro sono molto teso. 
Si spengono le luci, si fa silenzio e lo spettacolo sta per cominciare. 
Ci sono quei pochi secondi di attesa prima che si sentano le prima parole, e appena le prime parole vengono pronunciate, la prima frase fa già capire tutto; non è solo la frase, ma il tono, l'impostazione della voce. 
L'uso del diaframma.
A teatro, dopo la prima frase, hai già capito tutto. 
Spesso capisci che il tempo in quel preciso momento, in coincidenza con la prima frase, si ferma, e non passerà mai più. 
Sei in trappola, non puoi uscire, non puoi fare niente; sei piantato nella poltroncina e questo spettacolo che sta lì davanti a te durerà ore, giorni, settimane. 
Anni. 
Non finirà mai più.
Lì fuori ci sono tutte le persone che ami, tutte le cose che vuoi fare, ma devi considerarle perdute per sempre. 
La vita continuerà, senza di te. 
Perché tu, per il resto della vita, starai qui dentro a guardare questo spettacolo.
Eppure dopo tantissimo tempo, quando ormai non ci credi più, quando sei diventato vecchio, intontito, smemorato, all'improvviso, anche questo spettacolo che non finisce più, finisce.
E quello è un bel momento così liberatorio che è un momento bellissimo. 
Scatti in piedi e sei così contento che continui ad applaudire e a chiamare fuori gli attori, perché sei così contento che sia finito che vuoi goderti il più a lungo possibile questo momento, il momento in cui sei assolutamente sicuro che è finito.






tratto da: Momenti di trascurabile felicità (Francesco Piccolo)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

mercoledì 6 aprile 2016

CHISSÀ POI PER QUANTO TEMPO... (1 di 3)

Chissà poi per quanto tempo pensi di ascoltare la stessa canzone, come se potesse rendere migliore il mercoledì. 
Chissà poi se sei più sereno oggi, dato che ieri eri musone e taciturno.
Chissà poi cosa te ne fai di un ombrello quando non piove.
Chissà poi cosa te ne fai del discorso ben articolato, ben espresso; ti dà forse più sicurezza?
E allora. 
Cosa te ne fai di tutta questa sicurezza? 
Ti fa magari dormire meglio? 
Ti fa apparire lontana l'insonnia? O te la fa sentire più amica?

Chissà poi cosa te ne farai adesso delle ore libere, e come impiegherai tutti i ritagli di giornata.
Chissà dove depositi tutti quei sentimenti, e quelle lacrime, e quelle parole. 
Sempre le stesse identiche parole, sorrette soltanto da inquadrature diverse.

Chissà se le ripeterai allo specchio, con impeccabile dizione.
Chissà stasera se mangerai ravioli in brodo, e se il brodo sarà con uno o due dadi.
Chissà se ti dà soddisfazione pensare di sapere cosa voglio io, e non beccarci quasi mai.
Chissà se finirà mai questo post - probabilmente ne scriverò altri due. 
Come se poi servisse a qualcosa, come se potesse colmare la percezione che alla fine "Non basta mai."

Chissà se in questo preciso momento mi stai leggendo, e cosa pensi, se pensi qualcosa riguardo tutto quello che ci gira attorno, e dentro. 
E se pesa. 
Oppure magari è diventato leggero, impercettibile.

Per me è un macigno. Ecco.




L. Lama