venerdì 26 gennaio 2018

MANOSCRITTO TROVATO IN UNA BOTTIGLIA (rubrica)

Manoscritto trovato in una bottiglia



Della mia patria e della mia famiglia ho poco da dire: una vita di traviamenti e il trascorrere  degli anni mi hanno allontanato dalla prima e straniato dalla seconda.
Una ricchezza ereditaria mi ha consentito di ottenere un'educazione non comune, mentre un'indole contemplativa mi ha concesso di fare un ordinamento sistematico alle cognizioni che i miei studi giovanili mi avevano permesso di accumulare. Fonte di somma gioia è stato per me sopra ogni altra cosa lo studio dei moralisti tedeschi, non per una mal consigliata ammirazione della loro eloquente follia, ma per la sicurezza che l'abitudine di una rigorosa meditazione mi ha consentito di scoprirne le falsità. Mi è stata spesso rimproverata l'aridità del mio genio; mi è stata imputata a delitto la mia mancanza d'immaginazione, e durante tutto il corso della mia esistenza sono stato segnato a dito per il pirronismo 

(dal nome del celebre filosofo scettico greco Pirrone, vissuto nel IV secolo a. C. Pirrone negava che l'uomo potesse possedere la verità. Secondo la sua dottrina, tutti gli esseri organizzati, nella natura, sono sottoposti a un rinnovamento continuo: è possibile, quindi, conoscerne soltanto le apparenze. Di conseguenza, il saggio non deve mai formulare giudizi; segue le apparenze senza proclamarle vere, e, nell'etica, cerca di raggiungere una felicità negatività, che Pirrone definisce assenza di dolore, o atarassia, la sola felicità a cui l'uomo possa aspirare).

delle mie opinioni. In realtà, una viva inclinazione verso la filosofia fisica ha, temo, offuscata la mia mente mediante un errore assai comune a questo secolo, intendo dire la consuetudine di mettere in rapporto gli avvenimenti, anche i meno suscettibili di tal possibile rapporto, con i principi di questa scienza; e, in fondo, nessuno potrebbe essere meno soggetto di me a lasciarsi fuorviare dagli austeri recinti della verità mediante l'allettamento degli ignes fatui (fuochi fatui) della superstizione.


tratto da: Racconti del terrore (di Edgar Alla Poe)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

martedì 16 gennaio 2018

CITAZIONE 088 (rubrica)

A Dolores O'Riordan

(R.I.P.)



Non c’è più bisogno di discutere,
ho dato tutto quello che potevo
ma mi ha lasciato così addolorata,
e quello che mi fa arrabbiare
è l’unica cosa che ho avuto.

Sapevo, sapevo che ti avrei perso,
sarai sempre speciale per me
e ricordo tutte
le cose che una volta abbiamo condiviso,
guardando film alla tv sulla poltrona del salotto.

Ma dicono che andrà per il meglio,
è stato tutto una perdita di tempo?
Perché sapevo, sapevo che ti avrei perso,
sarai sempre speciale per me.

Dimenticherò con il passare del tempo?
Mi dissi che ero nella tua mente.
Non c’è bisogno di discutere,
più nessun bisogno di discutere, 
non c’è più bisogno di discutere.
Speciale.


gruppo musicale: The Cranberries

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

mercoledì 10 gennaio 2018

CITAZIONE 087 (rubrica)



Padre, dimmi, abbiamo ciò che ci meritiamo,
abbiamo ciò che ci meritiamo.
E sprofondiamo, sprofondiamo
ho detto che sprofondiamo,
sprofondiamo.

Lascia correre selvaggiamente i tuoi piedi
è arrivato il momento in cui tutti, oh, andiamo giù,
sì, ma per la caduta, oh, mia
hai il coraggio di guardarlo dritto negli occhi?

Perché loro vogliono farti correre indietro, indietro verso il buio,
sì, ti faranno sprofondare giù, giù fino a farti cadere
e ti faranno sprofondare giù, giù fino a quando non riuscirai ad andartene,
così non potrai strisciare più.

E sprofondiamo, sprofondiamo,
ho detto che sprofondiamo
perché andranno avanti a cacciarti, finché non cadrai.
Sprofondiamo.
Bambina,
bella, noi sprofondiamo,
e sprofondiamo, sprofondiamo,
ho detto che sprofondiamo,
sprofondiamo.


gruppo musicale: Kaleo

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

sabato 6 gennaio 2018

VOGLIO UNA COPPA PIENA (rubrica)

Voglio una coppa piena sino all'orlo
e dentro annegarci l'anima:
riempitela di una droga capace
di bandire la donna dalla mente.
E non voglio dell'acqua poetica, che scaldi
i sensi al desiderio lussurioso,
ma una sorsata profonda
tracannata dalle onde del Lete,
per liberare con un incanto il mio
petto disperato dall'immagine
più bella che gli occhi miei festanti
videro, intossicandone la mente.

È inutile - mi perseguita struggente
la dolcezza di quel viso.
Lo sfavillo del suo sguardo splendente -
e quel seno, terrestre paradiso.



Mai più felice sarà la vista mia,
ché ha perso il visibile ogni sapore:
perduto è il piacere della poesia,
l'ammirazione per il classico nitore.

Sapesse lei come batte il mio cuore,
con un sorriso ne lenirebbe la pena,
e sollevato ne sentirei la dolcezza,
la gioia, mescolata col dolore.
Come un toscano perduto in Lapponia,
tra le nevi, pensa al suo dolce Arno,
così sarà lei per me in eterno
l'aura della mia memoria.


tratto da: Keats (poesie)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)