mercoledì 18 dicembre 2013

EPPURE MI TOCCA LEGGERTI

Eppure mi tocca leggerti.
Non vorrei, credimi. 
Ogni volta è come una porta socchiusa, uno spiraglio dove incautamente posso sbirciare qualcosa di te, di quello che sei adesso, di quello che sei diventato; nonostante tutto, nonostante me.
Non vorrei, te lo giuro. 
Non sono abile nel considerare i pro e contro. Non lo sono mai stata. Sbirciare è un atto complicato, per me involontario.
Non vorrei, davvero. 
Cominciare a contare i tuoi mutamenti, l’arredamento, ciò che detestavi e invece ora ti piace, come i cuscini sul letto o il gelato alla fragola. 
Scuotere la testa non mi serve, se non mi guardi.

Eppure mi tocca vederti.
Vorrei tanto essere lì, in quella casa che non conosco, in quella Via che non trovo sulla mappa. E cominciare a chiederti come stai, come ti trovi lì, se ci sono biblioteche vicine a casa, se il Supermercato è lontano, se c’è il cortile interno dove poter legare la bici.
Vorrei tanto essere lì, su quella panchina, vicino all’edicola. E domandarti se sei felice, ora. Se la tua vita di coppia ti soddisfa, se siete già in là e parlate di matrimonio, di figli, di una casa più grande.

Vorrei tanto essere lì, su quel divano, accanto al tuo gatto. 
E riempirti di attenzioni, e ascoltarti fino a quando mi accorgo che si è fatto tardi, e supplicarti se oltre quella porta c’è ancora uno spiraglio per me; per un altro noi. Per me, che ti attendo come se non ci fosse mai stata l’ultima chiarificazione.
Sono fatta così, e tu solo sai come.
Sai, mi sono stancata di presentarmi a qualcuno. Sono esausta di facce nuove, di “Per prima cosa…”, dei “Mettiamo in conto...”, di "Non transigo quando...", del prendere o lasciare.

Eppure ora che siamo amici, posso sapere tutto di te. 
E non lo voglio. Mah, in realtà lo voglio. E non lo voglio più. E.

Non c’è scampo. Nessun spiraglio, per me.
Porta chiusa?
Strizzo gli occhi. Sono pronta, ti ascolto.
"Dicevamo...".




lunedì 9 dicembre 2013

CITAZIONE 018 (rubrica)





Mi sono rotto il cazzo 
degli esperimenti del frequentiamoci ma senza impegno,
stiamo insieme ma non vediamoci che poi ho paura;
anzi, vediamoci quanto ci pare ma vediamoci in compagnia.
Mi sono rotto il cazzo dei codardi con l'amore degli altri,
mi sono rotto il cazzo perché poi non si dorme più, si sta svegli finché non muore la speranza;
maledetta stronza che non muore mai, mentre io vorrei dormire.
Mi sono rotto il cazzo di questa città,
degli aperitivi a dieci euro, del clima di terrore a gratis;
dei giovani di sinistra, arrivisti, bugiardi, senza lode,
gente che in una gara di idiozia riuscirebbe ad arrivare secondo.
Mi sono rotto il cazzo di quelli che vogliono andare un anno all'estero
ma prima tre mesi da cameriere, così guadagno qualche soldo;
svegliati stronzo che sono trent'anni che mamma ti mantiene e le dispiace pure che vai a fare il cameriere.
Mi sono rotto il cazzo delle signorine che vogliono fare un sacco di cose
ma non ne sono in grado e se ne accorgono tardi,
e allora 800 euro per la reflex, 200 per yoga e 300 per i peli del culo e 600 d'affitto per emanciparsi.
Mi sono rotto il cazzo della puzza di piscio delle zone industriali,
della puzza di industria dei giardini pubblici;
di tutti a lavoro in auto, una persona per auto per finanziare meglio l'Eni.
Mi sono rotto il cazzo della critica musicale,
non siete Lester Bangs, non siete Carlo Emilio Gadda,
si fa fatica a capire cosa scrivete, bontà di dio, avete dei gusti di merda;
c'avete rotto il cazzo etichette indipendenti, con 400 euro ti registro il disco in casa, 
suona bene, lo metti su Vimeo, fai girare la voce, tra un anno Acocella e tra due anni a fare il benzinaio.
Mi sono rotto il cazzo che se vince la sinistra vince la droga
e mai che mi invitino a un festino.
Mi sono rotto il cazzo del più grande partito riformista d'Europa,
del facciamo quadrato nel grande centro nei girotondi,
del partito dell'amore, del governo ombra, di chi si difende dai processi e non nei processi,
dei militari nei giardini pubblici a fare la guardia a chi piscia il cane;
mi sono rotto il cazzo della sicurezza come fiera della forca
e del fascino della divisa, sarebbe bello bruciassero meno fabbriche e crollassero meno scuole
e scippassero più vecchiette.
Mi sono rotto il cazzo di c'è la crisi c'è la crisi, da domani acquisto solo cacciabombardieri,
è un po' di tempo ormai che vendiamo solo sangue e compriamo solo merda.
Mi sono rotto il cazzo che bisogna essere lavoratori flessibili, 
come ergastolani in tournée ma molti più sorridenti;
dei fascisti col culto del corpo che diventano campioni di greco-romana
e poi fanno gli agguati ai ragazzini di notte, in cinque contro uno.
Mi sono rotto il cazzo che non sono d'accordo con te
ma morirei affinché tu possa dire la tua stronzata,
che poi i nazisti sono giovani che amano la politica,
i comunisti prendono a modello Cristo,
mentre i preti contestualizzano bestemmie, e nella guerra per la pace vince da sempre il voto moderato.

Fate una cosa bella ma bella davvero,
la prossima volta che dite una stronzata, ammazzatevi da soli.

Mi sono rotto il cazzo anche di me stesso
che mi conosco fin troppo bene e ho ancora tutta la vita davanti,
che cazzo faccio da qui fino alla pensione, che poi mica me la danno,
e comunque non avevo le carte.

Mi sono rotto il cazzo anche di te
che per fortuna non ti conosco e forse sei la speranza,
giuro che se ti incontro, giuro che se ti incontro,
finisce male.



gruppo musicale: Lo Stato Sociale

(dalla rubrica: citarsi è un po' deprimersi)

martedì 3 dicembre 2013

CENTESIMO POST (pubblicità)





E siamo giunti al centesimo post.
100.
In numero credo faccia più effetto.
Per cui, ho pensato di celebrare questo evento con una parte del libro.
Quel libro che ha dato il via a questo blog, che ha permesso di arrivare fin qui.
Poi ci sei tu che leggi, e forse non sai che hai collaborato a dare continuità a Luca con una cadenza settimanale.
Bene, ora lo sai.
E aggiungo che mi fa molto piacere sapere che ogni tanto vieni da queste parti, a volte ti soffermi un po’, altre butti soltanto un occhio in maniera distratta. E’ come se - nonostante tutto -  avessimo di nuovo un rapporto, un dialogo; quasi nascosto, seppur così evidente in questo territorio virtuale.
Be’, ti auguro un buon martedì. So che hai sempre il buon umore quando Milano è soleggiata.



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Tutto mi sarei aspettato fuori da questa Esselunga, in particolare i seguenti episodi: attendere invano fino alla chiusura serale, non riuscire a fumare, saltare pranzo e cena e crollare a terra esausto. Tutto, tranne che oggi dopo soli cinque minuti d’attesa, ad offrirmi la sigaretta, fosse proprio la ragazza manga. Ripeto: la ragazza manga mi ha offerto una sigaretta.
Forse, a questo punto cruciale della storia, magari voi vorreste pure sapere come le ho chiesto la sigaretta? Se balbettavo o no? Se ero a mio agio o tremavo? Oppure se intorno a noi sono scesi dal cielo petali di rose?
Sorvoliamo sui dettagli, tutto piuttosto banale e freddo:
“Scusa, hai una sigaretta?”
“Sì”.
Punto.
Nessuno sguardo misterioso né possibile frase non detta che sotto sotto fantasticando possa lasciar intendere che. Mediocrità e consuetudine l’hanno fatta da padrona. E sapete in tutta sincerità, adoro la piattezza nei momenti topici, dà un sapore di quotidianità, e quindi realtà. Ne sono certo, da questo primo approccio ho capito una cosa: noi due non saremo mai una parentesi dove il nostro amore veleggerà su una nuvola con polveri di stelle a forma di cuoricini con incisi i nostri nomi. No. Noi saremo una coppia comune con i cazzi di tutte le altre coppie e litigheremo perché io ho sbagliato a fare la spesa o perché il mercoledì sera preferisco la Champions League al cinema. È statistico, la convenzionalità tra fidanzati porta all’eterno, invece gli effetti speciali hanno già la data di scadenza.



100% Luca Lama.
(fotografia: Presentazione libro - Spazio Mercury)