giovedì 30 agosto 2012

CHE POI UNO ARRIVA A TAGLIARSI L'AVAMBRACCIO



Che poi uno arriva a tagliarsi l’avambraccio. Talmente è grande il peso, talmente è pesante il grande sgomento che non sai più cosa fare per reagire. Così fai il gesto eclatante e non ti preoccupi se è giusto o meno, già, perché hai superato questi confini labili da tempo. Senti parlare, ascolti e riascolti e poi li senti chiacchierare e vociferare e discutere ed esaminare. Poi basta. Davvero basta. Così spinto dalla disperazione fai la prima cosa che ti passa per la mente (anche se non è la prima, così pare), poco importa di come andrà a finire, se finisce.
Bocche aperte e parole cucite nell’anima, quella che un po' viene ferita, scheggiata dal gesto appena visto. Pensi a lui, a chi gli sta vicino, intorno; sotto strati e strati di terra. E poi ci sono quelli là che hanno paura di andare nella loro cantina da soli, vorresti non comprenderli più, perché stancano, perché le loro frasi hanno la stessa rilevanza di quelle pronunciate dai bambini quando giocano al telefono senza fili. Che poi si sa, all’ultimo bambino arrivano distorte, storpiate e prive di significato logico. Questo però non è un giochetto, e per questa volta non c’è nemmeno bisogno di fare la parte di quello acuto che vede le cose sotto un altro punto di vista, ma và, questa storia è semplice come la vedi, scimmione. Punto. Stai zitto, grazie. E fai qualcosa, grazie.
 
Dimenticavo, tu bellezza, per me sei come quel Presidente. Io che sto qui a rimuginare col cuore leso e tu che dici di starmi accanto mentre te ne stai a debita distanza, in mezzo a gente pessima e cocktail nauseanti. O forse in mezzo a gente nauseante e cocktail pessimi. Insomma, ci siamo capiti.

Luca L.


lunedì 27 agosto 2012

LO GIURO. NON CAMBIEREI NULLA, NON SPOSTEREI UNA VIRGOLA...

Lo giuro. Non cambierei nulla, non sposterei una virgola; anche se non è tutto così liscio, la superficie è ruvida e a volte taglia le dita.
Lo giuro.
Senza preavviso. E' quello che era e tutte le sue sfaccettature contrastanti che rendono l'aria umida, pressante. Non so come si possa scacciare, non so come sia possibile incastrare tutto quello che è stato con quello che sono, con quello che sarà, con quello che sarò io: uno con lo sguardo che si volta indietro, quasi a scrutare un attimo di pura brezza e quiete.
Quiete smarrita durante il cammino lungo due mesi, perché saranno sempre due mesi, anche quando sarò settantenne saranno sempre due mesi fatti di apparenti stati placidi; e sembrano eterni.
Non farcela. Ti racconterò che due mesi fa…
E poi uscire da questo quadrato, da questo quadro senza cornice, sforzando di contenerti dentro un quadrante. E a volte quasi sento di poter uscire e dire "Tutto bene", come in quei tempi in cui andava davvero tutto bene ma dicevo "Abbastanza". Così, per abitudine, per modo di dire.
E li ho persi i modi di dire, pronuncio frasi spigolose che non hanno consistenza né costanza.
Cosa voglio dire?
Tacere sugli eventi raffermi. Ecco.

A te.

Luca L.



giovedì 23 agosto 2012

E' IL RANCORE CHE TI FA PARLARE, LO SENTI...



E' il rancore che ti fa parlare, lo senti salire dalle viscere su fino alle corde vocali, tremanti, urlanti. Vorresti non aver nulla a che fare con quel tipo di rancore, quello che sembra vibrare incessantemente, assiduamente, all'infinito.
Io rimango qui, ad ascoltarti, so che ti piace essere dalla parte del tavolo giusta, quella dove cominciano i discorsi, e finiscono pure. Ogni tanto butto lì una frase, giusto per fare la mia parte, superficialmente.
E poi mi accorgo anche di me, di tutte le fatiche fatte per schivare la mia parte. Che poi, neanche sapevo di averne una di parte in questa recita, eppure, sai, a volte le cose vanno così e ti ritrovi in mezzo, tuo malgrado. Presentando la tua parte come se non ti appartenesse, quella parte, vista sempre dall'esterno, come se fosse un corpo estraneo.
Hey, sono io quel rancore, quel lamento che striscia soffiante attorno ai tuoi discorsi di sempre, che di nuovo hanno solo la carta con cui li hai impacchettati. Proprio come sei tu, una persona vecchia che ogni tanto si compra la miglior carta da regalo nella migliore cartoleria, e poi ti impacchetti con un bel nastro rosso.

p.s. Vorrei sorriderti di più. Non me ne volere.

Luca L.

giovedì 16 agosto 2012

DAI, SO CHE LO VORRESTI.



Dai, so che lo vorresti. Che non desideri altro. Lo leggo nei tuoi occhi chiari, traspare una voglia incontenibile. Ti piacerebbe urlarlo a squarciagola una volta per tutte. Ti sembra anche giusto. Ti pare anche corretto. E' da mesi che ne parli, davanti allo specchio, di fronte alla tua amica, di spalle al tuo amico. E non c'è mai l'occasione adatta, perché sai che non è facile, anzi, è proprio complicato. Così giri intorno alle cose, al fatto che ha scatenato quest'ultima riflessione. Eppure appari così trasparente che i tuoi verbi perdono consistenza, peso e valore. Dai, in fondo sai che non sarebbe giusto nei suoi confronti, sarebbe un peccato perché le conseguenze sarebbero talmente devastanti che probabilmente non succederebbe nulla di eclatante. Niente di niente. Troppo grave quello che sai, e la parte della persona cattiva proprio non ti viene bene; so che ti piacerebbe da morire apparire più spietata e lapidaria. Ma non ci siamo proprio. Sei buona. Mi spiace per te. Fattene una ragione, un giorno probabilmente vincerai la partita e allora forse potrai dire ciò che sai, a loro, a lei. E lui, che sembra totalmente incurante di camminare sopra un filo. 
Dai, so che lo vorresti tanto, esplodere e poi vedere cosa succede. Il problema è proprio questo, tu, noi; al posto di esplodere, implodiamo. E' proprio questo il fatto. Ciò toglie il sorriso per qualche ora, giusto il tempo di implodere. 
Eppure sarebbe bello, almeno una volta, esplodere e fargliela pagare.

Luca L.

lunedì 13 agosto 2012

COSI' LEI TRASCORRE L'ESTATE A FREQUENTARE UN LABORATORIO DI TEATRO

Così lei trascorre l'estate - come quasi ogni estate - a frequentare un laboratorio di teatro. A questo giro si tratta di movimento, corpo a corpo, tecniche sensoriali. Nell'archivio sono già presenti: recitazione, voce, canto, danza, training, sperimentale, pantomima, improvvisazione, monologo-dialogo. "Poca roba" dice lei. Così questo agosto è riempito in ogni sua fessura, dalla ricerca di una stanza singola e  dall'incontro con quel compagno di Corso che è da un po' che non ha notizie, nonostante tutto. Dall'iscrizione al seminario condotto da quell'insegnante che "E' unica, ti tocca dentro e ti mostra tutto sotto un'altra prospettiva" fino alle serate a spizzicare una pizza con altri nuovi compagni. Nonostante tutto sono sempre volti nuovi, mai visti, né in teatro né in tv. Agosto e Venezia, piedi nudi e gomiti pesanti, appetito e sudore pomeridiano. Intanto il cervello corre a mille, sfrecciano immagini di spalle che si toccano e di gambe che si sollevano da terra con armonia, di sandali bollenti e linoleum consumato. Tutto gira veloce, anche lei, che questa volta sarà diversa, per se stessa, e soprattutto con lui - ancora lui -  che da Roma si è iscritto allo stesso seminario. Per cui, nonostante tutto, la stessa casa, all'interno stanze singole e doppie; mai silenziose. Ma questa per lei non è la settimana del sonno, nemmeno del cibo. E' la settimana per lei. Però lui fa perdere la concentrazione, perché in quel momento preciso quando l'insegnante spiega in inglese il prossimo esercizio, lei sbircia quei ciuffi neri un pochino accorciati. E allora tutto viene quasi vanificato e le sembra di non essere mai pronta. Mai preparata per un casting, per insegnare, per lui, per la tv, per il cinema.
Figuriamoci, lei sa benissimo che lui non è altro che uno sfondo, niente di più di un pilastro appoggiato a lato di una stanza, lui è la rappresentazione carnale della quarta parete (vedi teatro), cioè: non esiste e nonostante questo bisogna abbatterla.
Certo, lui si crede portante e importante, ma è sempre fermo allo stesso punto da anni senza rendersene conto, troppo egocentrico come attore per avere talento, troppo attore per essere un uomo interessante.
"Il punto non è questo" dice lei, già, il punto è lei. Il problema sta solo nel fatto che non riesce proprio ad essere un punto affermativo, nemmeno un punto e virgola, due punti non se ne parla nemmeno... Lei è i tre puntini di sospensione, ed è questa continua ricerca che non arriva mai al punto a sfiancarla, demoralizzarla, deprimerla. Non disperare, questo seminario finirà con gli applausi, come quello precedente.
"E' un laboratorio. Non un seminario" spiega l'insegnante.
"Già" dice lei mentre si cambia in uno spogliatoio piccolo con tanta, anzi, troppa gente. Zaino chiuso e via per le strade di Venezia. La Biennale per lei è buon punto di partenza, o di arrivo; già, questa volta non è l'ennesima sensazione di sentirsi perennemente a metà del percorso. Nessuna ricerca, inizio o fine.
E se questo agosto e questo laboratorio fossero un bel punto e a capo?

Uhm. Punto e a capo. Magari dall'altro capo si sta meglio, senza quelle facce mai viste prima che però hanno la stessa fisionomia, gli stessi tratti somatici e lo stesso sguardo delle facce abbandonate nel tempo. Tanto cosa importa? E' un punto stavolta.
Punto e basta. Bene. Buon nuovo inizio.
Domani casting? 
"Domani magari mi faccio un pranzo completo" dice ridendo. "Dopodomani vedremo, eh eh".
Buon ritorno e buona fortuna per i tuoi prossimi lavori, ops, ingaggi.

Luca L. 


lunedì 6 agosto 2012

CONCLUDENDO, SECONDO ME IL 'GENIO' CHE HA SANCITO LE DIFFERENZE...


Concludendo, secondo me il 'genio' che ha sancito le differenze tra il rock e l'hard rock è lo stesso che ha slegato la letteratura dalla narrativa.
Questione di sfumature, direbbe. Enorme differenza, bisbiglierebbe. Certo che con la lente d’ingrandimento si potrebbero scovare centinaia di discrepanze e di contrasti più o meno chiari. Ma la domanda è solo una: “Le pare il caso? No davvero. Le pare il caso?”.
Mi piace immaginarla così questa scena, una domanda rivolta ad un’unica persona.
Comprendo che non è così, e che è quasi diventato obbligatorio affannarsi alla ricerca del vocabolo giusto, della parola neutrale, della frase assoluta. Proprio noi, che siamo così carenti con noi stessi, con gli altri, e gli altri degli altri, e ancora… Una corsa continua per la ricerca spasmodica di uguaglianza che, una volta ottenuta, vira e si addentra verso una minuziosa analisi di tutte le diversità che compongono i nostri rapporti. Un po’ come quando, quella volta, dopo aver raggiunto un minimo di stabilità costata un anno, ci siamo seduti distanti a contare quante differenze incolmabili c’erano in mezzo alle punte dei nostri nasi; per poi alzarci e uscire dalla stessa porta in tempi diversi. Quindi, la domanda è solo una: “Ti pare il caso?”.

“Sì” dice sbattendo la porta.

Luca L.

 

giovedì 2 agosto 2012

SERPENTI IN VETRINA (rubrica)



Un riparo nel sonno,
confortati da abbracci agitati;
un tepore che piano riscalda parole fredde.
Mi dileguo nel sonno, strisciando
nel suono di una brace accesa spenta nella pozzanghera,
mentre ci coccoliamo con caffè e tabacco;
nessuna certezza, solo promesse.
Se chiudo le labbra sento ancora la sensazione del bacio,
cosa ha in testa la mia mente?!
Distrazione,
litighiamo per questo,
sul trono i litigi tra scaffali di vetro.
Premature bisce in giardini idilliaci,
non c’è concretezza e realtà
se non nella nostra esposizione in vetrina.

(dalla rubrica: poesia portami via)