martedì 26 dicembre 2017

CITAZIONE 086 (rubrica)



Un cervello sbiadito,
ho una mente sporca,
ho bisogno, ho bisogno di nuovi modi
per sprecare tempo.
Ho bisogno di nuovi modi.

Un cervello sbiadito,
vivo sola, sola, sola.
Un viso sbiadito,
tienimi al chiuso,
ho bisogno di nuovi modi per sprecare
il mio tempo, ho bisogno,
Ho bisogno di nuovi modi.

È da un po’ che provo a uscirne,
a trovare una discreta via d’uscita,
senza cancellarmi e basta,
senza scomparire e basta.
È da un po’ che provo a restare fuori
ma c’è qualcosa, in te,
senza cui non riesco a vivere,
qualcosa che ho bisogno di avere qua con me.

Ho bisogno di nuovi modi
per sprecare tempo.


gruppo musicale: Daughter

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)


fonte per la traduzione: https://traducocanzoni.wordpress.com/2015/11/28/traduzione-daughter-not-to-disappear/

martedì 19 dicembre 2017

OSSERVARE GLI ALTRI (rubrica)

Osservare gli altri è una delle cose che gli riescono meglio: isolare i dettagli che contano, estrarli dal flusso del generico e dell'insignificante. 
Non ha mai davvero cercato di sezionare questa capacità, ma se dovesse farlo direbbe che è una miscela di curiosità, fastidio, partecipazione, distanza, comprensione, insofferenza, simpatia, avversione, tutti sovrapposti nello spazio di un'occhiata. 
È questo che lo trascina in un istante oltre la superficie di un'espressione o di un gesto, dritto fino alle ragioni interiori. 
È da qui che è arrivato a scrivere, e non viceversa: quello che ha dovuto fare nel corso degli anni è stato imparare a tradurre in parole le sue osservazioni e intuizioni, ricomporle e articolarle in forma di personaggi e storie. 
Eppure ogni volta che scrive ha appunto la consapevolezza acuta di operare una traduzione, con una conseguente inevitabile perdita di complessità. 
Gli sembra sempre che la parte più interessante e sottile e contraddittoria resti fuori dalle sue descrizioni e dai suoi dialoghi, persa come adesso vanno perse le ragioni dei passeggeri che a ogni fermata scendono dal vagone e corrono via. 
Sa benissimo che per non perderla dovrebbe decidere di cambiare radicalmente la destinazione della sua energia vitale, riversarla nel suo lavoro molto più che nella sua esistenza fisica, invece di cercare di dividerla a metà. 



Non si ricorda chi abbia inventato per primo la massima "O vivi o scrivi", ma è un'idea che lo ha sempre riempito di orrore, gli sembra il più vile e inaccettabile dei baratti.


tratto da: Lei e lui (di Andrea De Carlo)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

mercoledì 13 dicembre 2017

CITAZIONE 085 (rubrica)



Mi dispiace veramente che sono ancora qui a parlare di noi
ma è il mio modo di espiare colpe a cui non sono date
alternative valide.
E c'è la notte che
mi conturba con tutta la sua intimità,
questo fa con te?
Prima, come una folata
ti ha segnata con le lacrime,
era l'ira minacciosa che soffiava
dalle nostre bocche amare e stupide.
E la notte ti preserva dalla mia intimità
ma chissà se ti riserva il desiderio e la paura della bontà
come fa con me.

Eri così bella nella tua complicità,
l'anima gemella della mia felicità.
Ero io così per te.
Ma l'incantesimo la mia bacchetta l'ha spezzato poco a poco.

Ti dispiacerà per sempre che ero ancora lì a parlare di noi?
Ma mi son messo a camminare
e confido che qualcosa, prima o poi mi distrarrà,
c'è la nebbia e il suo biancore,
c'è un ubriaco da sorreggere.
Io vorrei solo scoprire
se anche tu hai delle colpe che non puoi eludere.
E la notte ti preserva dalla mia intimità,
ma si insinua lentamente tra i velami della mia sensibilità,
questo fa con me.

Ero così bello nella mia complicità,
l'anima gemella della tua felicità.
Eri tu così per me.
Ma l'incantesimo la tua bacchetta l'ha spezzato poco a poco.

Eri tu così per me,
ero io così per te,
eravamo l'un per l'altra incorruttibili,
eri tu così per me,
ero io così per te
ma l'incantesimo si è spento poco a poco.


gruppo musicale: Marlene Kuntz


(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

mercoledì 6 dicembre 2017

TONNELLATE DI SILENZIO

Tonnellate di silenzio

Chissà se sotto tutto questo silenzio si nascondono frasi,
chissà se sopra questo silenzio è rimasto qualcosa di bello,
chissà se in mezzo a tutto questo silenzio viene custodito un segreto,
chissà se tra tutto questo silenzio ci sono sorrisi.

Quintali di silenzio

Dopotutto con le parole è stata dichiarata l'uscita di scena,
dopotutto le parole non hanno quasi mai trovato un punto d'incontro,
dopotutto le parole erano scudi e lame,
dopotutto con le parole nascevano anche i bronci.



Chilogrammi di silenzio

Malgrado tutto, ci sono stati  momenti indelebili,
malgrado tutto, c'era proprio una bella luce,
malgrado tutto, il tanto tempo insieme è stato decisamente del bel tempo,
Malgrado tutto, grazie; per tutto.


Luca L.

venerdì 1 dicembre 2017

QUESTA È LA STORIA DEL MIO ODIO (rubrica)

Questa è la storia del mio odio.
Altri avranno dovuto lottare contro tirannidi, abbattere imperi, passare per le armi addirittura principi, come se sparassero ai conigli. Altri avranno dovuto combattere contro regni che governavano sulla vita di milioni di persone. 
Io, che sono un vigliacco a tutti gli effetti, mi ribello solo contro la società anonima che regola la mia.
Come vogliono i tempi meschini in cui viviamo, l'unica cosa contro cui mi ribello è una vita da travet che mi schiacci del tutto. O che mi faccia a pezzi più di quanto non abbia già fatto.
Sono un sovversivo su scala personale. 
Non aspiro alla rivoluzione ma a un'altra cosa, che per ora intravedo solamente e che assomiglia all'istinto criminale e di conservazione.



Ho un portamatite, un computer in buono stato, una sedia quasi comoda, due lenti e un campionario di carta e inchiostri che ogni sei mesi viene sostituito per includere nuovi prodotti, che poi sono essenzialmente uguali a quelli che li hanno preceduti.


tratto da: Risorse umane (di Antonio Ortuño)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

martedì 21 novembre 2017

CITAZIONE 084 (rubrica)



Vedi mi sentivo strano sai perché
stavo pensando a te,
stavo pensando che.

Che figata andare al mare quando gli altri lavorano,

che figata fumare in spiaggia con i draghi che volano,
che figata non avere orari né doveri o pensieri,
che figata tornare tardi con nessuno che chiede "Dov'eri?"
Che figata quando a casa scrivo,
quando poi svuoto il frigo,
che fastidio sentirti dire "Sei pigro, sei infantile, sei piccolo",
che fastidio guardarti mentre vado a picco,
se vuoi te lo ridico
che fastidio parlarti, vorrei stare zitto
tanto ormai hai capito,
che fastidio le frasi del tipo: "Questo cielo mi sembra dipinto"
le lasagne scaldate nel micro,
che da solo mi sento cattivo,
vado a letto, ma cazzo è mattina,
parlo troppo, non ho più saliva,
promettevo di portarti via
quando l'auto nemmeno partiva.

Vedi mi sentivo strano sai perché

stavo pensando a te,
stavo pensando che.
Non avremmo mai dovuto lasciarci.
Vedi mi sentivo strano sai perché
stavo pensando a te,
stavo pensando che.
Non avremmo mai dovuto incontrarci.

Bella gente, qui bello il posto,

faccio una foto sì, ma non la posto,
cosa volete, vino bianco o rosso?
Quante ragazze, frate, colpo grosso,
non bere troppo che diventi un mostro
me lo ripeto tipo ogni secondo,
eppure questo drink è già il secondo,
ripenso a quella sera senza condom,
prendo da bere, ma non prendo sonno,
c'è questo pezzo in sottofondo,
Lei che mi dice "Voglio darti il mondo"
ecco perché mi gira tutto intorno,
mentre si muove io ci vado sotto
ma dalla fretta arrivo presto, troppo;
e sul momento non me ne ero accorto
e poi nemmeno credo di esser pronto
e poi nemmeno penso d'esser sobrio
e poi un figlio non lo voglio proprio
e poi a te nemmeno ti conosco,
cercavo solo un po' di vino rosso
però alla fine, vedi, è tutto a posto,
si vede che non era il nostro corso,
si dice tutto fumo e niente arrosto
però il profumo mi è rimasto addosso.

Vedi mi sentivo strano sai perché

stavo pensando a te,
stavo pensando che.
Non avremmo mai dovuto lasciarci.
Vedi mi sentivo strano sai perché
stavo pensando a te,
stavo pensando che.
Non avremmo mai dovuto incontrarci.

Mi guardo allo specchio e penso

forse dovrei dimagrire,
il tempo che passa lento
anche se non siamo in Brasile,
mi copro perché è già inverno
e non mi va mai di partire,
in queste parole mi perdo,
ti volevo soltanto dire

Vedi mi sentivo strano sai perché

stavo pensando a te,
stavo pensando che.
Non avremmo mai dovuto lasciarci.
Vedi mi sentivo strano sai perché
stavo pensando a te,
stavo pensando che.
Non avremmo mai dovuto incontrarci.


Cantante: Fabri Fibra


(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

mercoledì 15 novembre 2017

NON C'È NESSUN DOPOGUERRA (rubrica)

Non c'è nessun dopoguerra.
Gli stolti chiamavano pace il semplice allontanarsi del fronte.
Gli stolti difendevano la pace sostenendo il braccio armato del denaro.
Oltre la prima duna gli scontri proseguivano. Zanne di animali chimerici affondate nelle carni, il Cielo pieno d'acciaio e fumi, intere culture estirpate dalla Terra.
Gli stolti combattevano i nemici di oggi foraggiando quelli di domani.
Gli stolti gonfiavano il petto, parlavano di libertà, democrazia, qui da noi, mangiando i frutti di razzie e saccheggi.
Difendevano la civiltà da ombre cinesi e dinosauri.
Difendevano il pianeta da simulacri di asteroidi.
Difendevano l'ombra cinese di una civiltà.
Difendevano un simulacro di pianeta.




tratto da: 54 (Wu Ming)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

martedì 7 novembre 2017

UN MURO

Un muro, già.
Probabilmente, se non avessi innalzato un muro così alto, oggi ti racconterei della mia bicicletta di colore verde.
Probabilmente, se non avessi costruito un muro così spesso, domani ti parlerei della catena della bici.

Non so bene come la vedi tu, cioè, in un certo senso lo so, ne abbiamo già parlato un sacco di volte e ricordo che le frasi terminavano esauste. Poi rimaneva sempre un ultimo concetto da esprimere al meglio, ma tant'è. C'erano strati e strati di "non detto" da decifrare, da decorare prima che potessero ingiallire; proprio come adesso: 
ingialliti e ruvidi -come noi.



Se tu non avessi messo un muro così lungo, forse oggi avrei potuto aggirarlo e risultare meno sbiadito e sfocato. 
Un muro, un fottutissimo muro, ma ti pare?
Eh sì, è così che la vedo e mentre ti immagino scuotere la testa e prepararti a come non rispondere, mi chiedo se anche tu pensi questo -di me; se anche tu mi disegni con i mattoni in mano.
Chissà se anche tu hai la stessa cartolina.
Chissà come si sta tra due parentesi. 
Chissà lo sforzo che ci vuole per dare risalto e colore a qualcosa che si presenta piatto e grigiastro.
Chissà cosa si mostra e cosa si dimostra.
Chissà al mio compleanno.

Un muro alto e spesso, tracciato all'ultima delle ultime frasi dell'ultimo discorso.
Questo è quanto. Un po' come il testamento olografo, ché l'ultimo annulla tutti i precedenti.
Che amarezza, così amara che avrò bisogno di un altro Montenegro.

Tra due parentesi, chissà come ti gira lì dentro.


Luca L.

martedì 31 ottobre 2017

CITAZIONE 083 (rubrica)



Adeguarsi alle circostanze,
la consuetudine alle tendenze,
alle risposte senza domande,
a essere sveglio senza essere nemmeno cosciente.
Vale la pena dai non pensare,
è l’attrito che fa questo rumore,
sono le stanze del potere,
mi creda signore, ha fatto un affare.

Sarebbe bello,
sarebbe sano
immaginarsi un futuro nei bagni di un treno
prima che sia troppo tardi e diventi illegale tenersi per mano.

Scrivimi decine di lettere,
quando te ne andrai,
quando gli ombrelloni sono chiusi,
dimmi come stai,
dimmi se i bagnini troveranno altri lavori,
dimmi come si fa
a restare attaccati a un’idea di felicità,
dimmi come si fa
a rispettare le regole,
alla tua età è difficile.

Mentire per il tuo bene,
dimenticarsi di dormire,
abituarsi a volte a pensare a cose più facili
ad amori un po’ meno normali,
è l’intervallo, la sigaretta,
ma non la senti anche tu questa fitta,
ci sono automobili in coda
e c'è il nostro amore in fondo alla strada.

Sarebbe bello,
sarebbe sano
immaginarsi un futuro nei bagni di un treno
prima che sia troppo tardi o diventi banale tenersi per mano.

Scrivimi decine di lettere,
quando te ne andrai,
quando gli ombrelloni sono chiusi,
dimmi come stai,
dimmi se i bagnini troveranno altri lavori,
dimmi come si fa
a restare attaccati a un’idea di felicità,
dimmi come si fa
a rispettare le regole,
alla tua età è difficile,
alla tua età è difficile.

Dimmi come si fa
a restare attaccati ad un’idea di felicità,
dimmi come si fa
alla tua età è difficile,
alla tua età è difficile.


gruppo musicale: Kaufman

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

martedì 24 ottobre 2017

AVEVA QUESTO... (rubrica)

Aveva questo Marcovaldo, un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l'attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto. 
Invece, una foglia che ingiallisse su un ramo, una piuma che si impigliasse ad una tegola, non gli sfuggivano mai: non c'era tafano sul dorso d'un cavallo, pertugio di tarlo in una tavola, buccia di fico spiaccicata sul marciapiede che Marcovaldo non notasse, e non facesse oggetto di ragionamento, scoprendo i mutamenti della stagione, i desideri del suo animo, e le miserie della sua esistenza.




Così un mattino, aspettando il tram che lo portava alla ditta Sbav dov'era uomo di fatica, notò qualcosa d'insolito presso la fermata, nella striscia di terra sterile e incrostata che segue l'alberatura del viale: in certi punti, al ceppo degli alberi, sembrava si gonfiassero bernoccoli che qua e là s'aprivano e lasciavano affiorare tondeggianti corpi sotterranei.


tratto da: Marcovaldo (di Italo Calvino)


(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

giovedì 19 ottobre 2017

CITAZIONE 082 (rubrica)



Ho letto libri antichi,
le leggende e i miti.
Achille, e il suo oro
Ercole, e i suoi doni
il controllo di Spiderman
e Batman con i suoi pugni
e chiaramente non mi vedo in quella lista.

Lei ha detto, dove vuoi andare?
Quanto vuoi rischiare?
Non sto cercando qualcuno
con dei doni super-umani,
qualche supereroe, qualche beatitudine di fiaba,
giusto qualcosa che io possa far diventare
qualcuno da baciare.
Voglio proprio qualcosa come questo.

Oh, voglio proprio qualcosa come questo

Oh, voglio proprio qualcosa come questo,
voglio proprio qualcosa come questo.

Ho letto libri antichi,
le leggende e i miti,
i testamenti che hanno raccontato.
La luna e la sua eclissi
e Superman che srotola un'armatura prima di indossarla
ma non sono il tipo di persona a cui calzi.

Lei ha detto, dove vuoi andare?
Quanto vuoi rischiare?
Non sto cercando qualcuno
con dei doni super-umani,
qualche supereroe, qualche beatitudine di fiaba,
giusto qualcosa che io possa far diventare
qualcuno che mi possa mancare.
Voglio proprio qualcosa come questo,
voglio proprio qualcosa come questo.

Voglio proprio qualcosa come questo.

Oh, voglio proprio qualcosa come questo

Dove vorresti andare?
Quanto vuoi rischiare?
Non sto cercando qualcuno
con dei doni super-umani,
qualche supereroe, qualche beatitudine di fiaba,
giusto qualcosa che io possa far diventare
qualcuno da baciare.
Voglio proprio qualcosa come questo
Oh, voglio proprio qualcosa come questo.
oh, voglio proprio qualcosa come questo,
oh, voglio proprio qualcosa come questo,
oh, voglio proprio qualcosa come questo.


gruppo musicale: Coldplay 

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

lunedì 9 ottobre 2017

PAZIENZA



Pazienza.
È mancato questo ingrediente e adesso siamo soltanto un qualcosa appeso alla parete.
(Già, siamo un qualcosa e non un qualcuno.)

E adesso non mi interessa ragionare/meditare/riflettere su chi o cosa avrebbe dovuto fare chissà cosa verso chissà chi.

"Pazienza".
Così si dice, magari facendo anche spallucce.

(Già, questo dico ad alta voce)

E adesso prendo atto senza poi pesare troppo su chi avrebbe dovuto fare il primo o il penultimo passo.

Pazienza, cos'altro rimane?
Nulla, per ora, se non due immagini impolverate inchiodate alla parete azzurrina.

(Già, mi gira il cazzo per questo)


Luca L.



mercoledì 4 ottobre 2017

COSÌ TUTTI AMAVANO... (rubrica)

Così tutti amavano Siddharta. 
A tutti egli dava gioia, tutti ne traevano piacere.
Ma egli, Siddharta, a se stesso non procurava piacere, non era di gioia a se stesso. 
Passeggiando sui sentieri rosati del frutteto, sedendo nell'ombra azzurrina del boschetto delle contemplazioni, purificando le proprie membra nel quotidiano lavacro di espiazione, celebrando i sacrifici nel bosco di mango dalle ombre profonde, con la sua perfetta compitezza d'atteggiamenti, amato da tutti, di gioia a tutti, pure non portava gioia in cuore. 



Lo assalivano sogni e pensieri irrequieti, portati fino a lui dalla corrente del fiume, scintillati dalle stelle della notte, dardeggianti dai raggi del sole; sogni lo assalivano, e un'agitazione dell'anima, vaporata dai sacrifici, esalante dai versi del Rig-Veda, stillata dalle dottrine dei vecchi testi brahminici.
Siddharta aveva cominciato ad alimentare in sé la scontentezza.


tratto da: Siddharta (Hermann Hesse)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

martedì 26 settembre 2017

CITAZIONE 081 (rubrica)



Dev'essere nella tua pelle che sto affondando,
dev'essere reale perché adesso posso sentirlo
e non mi preoccupo
del fatto che non sia il mio modo di essere,
non è il momento di domandarsi.
Tutto è diventato bianco
e tutto è grigio.
Alcuni momenti ci sei, altri no
io non voglio questo,
ricorda che
non dimenticherò mai dove sei.
glicerina, glicerina.

Non sono mai solo,
sono sempre solo,
sei tu quella
oppure menti?
Viviamo in una ruota
dove tutti scivolano
ma quando ci alziamo è come un campo di fragole.


Se ti ho trattata male...
tu mi spacchi la faccia,
non ti potrei amare di più,
hai un sapore stupendo,
non lasciare scivolare i giorni.
Sarebbe potuto essere più facile per te,
non sono riuscito a cambiare sebbene avrei voluto,
sarebbe potuto essere più facile in tre,
la nostra vecchia amichevole paura, io e te,
glicerina.
Non lasciare passare i giorni...
Glicerina

Avevo più bisogno di te, quando ci volevamo di meno.
non sono riuscito a baciarti, solo passi indietro.
potrebbe essere
completamente chiaro.
Beh, va bene,
è solo uno dei miei nomi.
Non lasciare scivolare i giorni,
sarebbe potuto essere più facile per te,
glicerina.


gruppo musicale: Bush

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

giovedì 21 settembre 2017

L'AQUILA E LO SCARABEO (rubrica)

L'aquila e lo scarabeo



Un'aquila dava la caccia a una lepre e questa, in mancanza di qualcuno che potesse aiutarla, appena vide uno scarabeo, l'unico essere vivente che la sorte mettesse sulla sua strada, lo supplicò  di soccorrerla. L'insetto le fece coraggio e quando vide l'aquila avvicinarsi si mise a pregarla di non portargli via la sua protetta. Ma l'aquila, piena di disprezzo per le sue piccole dimensioni, divorò la lepre sotto i suoi occhi. 
Da quel momento lo scarabeo, memore dell'offesa ricevuta, prese a sorvegliare giorno e notte i nidi dell'aquila e, ogni volta che quella deponeva le uova, librandosi in alto le faceva rotolare finché non si rompevano. Infine l'aquila, perseguitata dovunque, si rifugiò da Zeus (si tratta infatti di un uccello a lui sacro) e lo pregò di procurarle un luogo dove potesse covare in piena sicurezza. 
Zeus le permise di deporre le uova nel suo grembo, ma lo scarabeo, che aveva visto ogni cosa, formò una palla di sterco, si alzò in volo e, quando fu sopra il grembo del dio, la lasciò cadere. Zeus volle scuotersi di dosso lo sterco, ma, appena si alzò, inavvertitamente fece rotolare via le uova. Dicono che da allora nel periodo dell'anno in cui vivono gli scarabei le aquile non covano.
          
La favola insegna a non disprezzare nessuno, poiché non vi è chi sia tanto debole da non potersi un giorno vendicare, se offeso.


tratto da: Esopo - Favole

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

mercoledì 13 settembre 2017

QUANTO GARBO (2 di 2)

Quanto garbo. (parte seconda)



Devo dire che mi è sempre piaciuta molto questa cosa di te.
Questa cosa è quella di far sentire forti le persone insicure e,
dio-solo-sa quanta fatica facciano per mostrarsi vigorose
e quanti salti a piedi uniti
e spiegazioni interminabili
e timori di diventare un oggetto abbandonato per strada
e chiarificazioni lunghe come la relazione stessa
e bisogno di certezze laddove il terreno è scivoloso
e timidezza celata da muscoli tesi
e battutine per riempire le pause
e ricerca costante di riparo in una stretta di mano e un "Tutto ok?"

Un pochino mi spiace per tutta questa insicurezza ma,
come detto prima,
mi è sempre garbata questa cosa di te,
questa cosa è quella di dare sicurezza a chi fa Insicuro di secondo nome.


Luca L.

giovedì 7 settembre 2017

CITAZIONE 080 (rubrica)



Vinceremo, me lo sento.
Sono i nostri corpi a rendere tutto perfetto
e i tuoi occhi sanno farmi nuotare.
D'altronde, tutto sembra nuovo,
riesco a malapena a non parlare.
Mi piaci, a dir poco.

E i tuoi occhi dicono più di quello che possiamo fare noi
e sono più caldi dello sport che facciamo in camera da letto.
E le tue cosce sono baci che nascono fuori dal normale,
sono tutto ciò di cui ho bisogno.

Percorreremo insieme l’altra strada,
per poter inspirare qualcosa di più,
troverò sempre più difficile ignorare
le cose per cui ti voglio.
So che non lo vuoi,
adoro il fatto che tu sappia cantare.
La musica è stata l’inizio,
il ritmo è stato tutto quello che dovevo sentire,
una donna può curare il mio cuore.

Quando appoggio il mio orecchio al tuo petto
sento il ritmo iniziare.
È difficile distinguere i nostri battiti l’uno dall'altro
e quindi spero che, adesso, tu mi stia ascoltando
perché riesco a malapena a non parlare.
Quello che facciamo assieme potrebbe scaldare il sole.

Di notte, contorti e sciolti in una caduta,
dormo assieme ai tuoi artigli graffianti e alle tue parole,
dimostrami quello che provi e che vedi tutto ciò che vedo.

Percorreremo insieme l’altra strada,
per poter inspirare qualcosa di più,
troverò sempre più difficile ignorare
le cose per cui ti voglio.
So che non lo vuoi,
adoro il fatto che tu sappia cantare.
La musica è stata l’inizio,
il ritmo è stato tutto quello che dovevo sentire,
una donna può curare il mio cuore.


cantante: Chet Faker

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

martedì 29 agosto 2017

QUANTO GARBO (1 di 2)

Quanto garbo.





Sai, mi è sempre piaciuta questa cosa di te.
Questa cosa è quella di curare le anime fragili.
Già, è proprio un gran pregio.
E poco importa se l'anima fragile
non appare friabile,
anzi,
la maggior parte delle volte appare forte e robusta.
Noi sappiamo benissimo che quelle sono persone delicate,
ci mettiamo un secondo a capirlo.

Io ci ho impiegato un battito di ciglia.

Ora mi viene da sorridere e penso a quanti chiarimenti 
e petto in fuori
e virtuosismi con vocaboli incerti
e puntare i piedi
e indice alzato
e preghiere mascherate da richieste di rispetto
e mostrare montagne dove in realtà c'è solo paura della frana.

Ci scommetto, 
anche tu ci avrai impiegato un attimo a capirlo,
e a tendere la mano.


Luca L.




sabato 26 agosto 2017

SABATO MATTINA IO E ASTRID SIAMO ANDATI AL MERCATO (rubrica)

Sabato mattina io e Astrid siamo andati al mercato, come ogni sabato mattina tranne quando eravamo in giro a qualche fiera o al nord a incontrare qualche rivenditore.
Abbiamo lasciato il nostro furgoncino giallo appena fuori dalle mura di Trearchi, che tra i centri abitati della zona è l'unico ad avere una dimensione quasi urbana; abbiamo camminato in salita verso la tripla fila di bancarelle allineate sotto i platani. Mano nella mano, con tutti i nostri ricettori sensoriali attivati, ci siamo addentrati tra i venditori vocianti e gesticolanti di materassi e piante e biancheria intima e portafogli e formaggi e frutta e verdure, nell'odore di pesce fritto e nella calca di persone che camminavano lente avanti e indietro guardando a destra e a sinistra e parlando e indicando e fermandosi e salutandosi guardando guardando guardando. Era come uscire dallo stato di quasi-invisibilità di quando eravamo sulle colline, per vederci dal di fuori attraverso gli occhi degli altri: due campagnoli mezzi stranieri in città, ansiosi di approvvigionarsi di sensazioni variegate dopo sei giorni di quiete quasi perfetta.



Ogni volta restavo affascinato dalla varietà di tipi umani, fisionomie, proporzioni, stili. Mi ricordavo d'improvviso di quante differenze esistono al mondo, quante combinazioni possibili. Passavo tra le ragazze e le donne incantate nell'osservazione di gonne e cinture e minuscole mutandine, raccoglievo sguardi in movimento, facce, braccia, sederi, gambe, colori e consistenze di capelli, e mi immaginavo per un istante una vita con ognuna di loro, totalmente diversa dalla vita con Astrid. Erano solo lampi di pensieri, eppure mi lasciavano uno strano senso di perdita mentre camminavo oltre le bancarelle, dubbi su quello che avevo.
Astrid frugava nei mucchi colorati di magliette e gonne e canottiere di cotone insieme alle ragazze e alle signore del posto, in un gioco femminile che non aveva molto spazio nella nostra vita quotidiana fatta di lavoro al telaio e nell'orto e infinite piccole e medie incombenze pratiche. Ogni tanto tirava fuori dal mucchio qualcosa che le piaceva o la incuriosiva, se l'appoggiava al petto o alle anche per verificarne forma e misura. Esitava, assorta più che incerta, finché mi affacciavo di fianco a leri e cercavo di spingerla a una conclusione. Dicevo: "Ti piace?", "Lo vuoi?".


tratto da: Durante (di Andrea De Carlo)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)