Così tutti amavano Siddharta.
A tutti egli dava gioia, tutti ne traevano piacere.
Ma egli, Siddharta, a se stesso non procurava piacere, non era di gioia a se stesso.
Passeggiando sui sentieri rosati del frutteto, sedendo nell'ombra azzurrina del boschetto delle contemplazioni, purificando le proprie membra nel quotidiano lavacro di espiazione, celebrando i sacrifici nel bosco di mango dalle ombre profonde, con la sua perfetta compitezza d'atteggiamenti, amato da tutti, di gioia a tutti, pure non portava gioia in cuore.
Lo assalivano sogni e pensieri irrequieti, portati fino a lui dalla corrente del fiume, scintillati dalle stelle della notte, dardeggianti dai raggi del sole; sogni lo assalivano, e un'agitazione dell'anima, vaporata dai sacrifici, esalante dai versi del Rig-Veda, stillata dalle dottrine dei vecchi testi brahminici.
Siddharta aveva cominciato ad alimentare in sé la scontentezza.
tratto da: Siddharta (Hermann Hesse)
(dalla rubrica: Il giusto degli altri)
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