martedì 25 settembre 2012

OGGI HO SBIRCIATO LE TUE FOTO

Oggi ho sbirciato le tue foto, sai, con i social network le distanze si accorciano e danno l'impressione distorta della realtà. Per cui ti ho vista e, se non ti conoscessi bene, penserei che te la stai passando alla grande. 
E invece ti conosco - più di quanto pensi - e proprio per questo non posso fare a meno di chiedermi come diavolo fai, a trasmettere quiete, quando dentro c'è burrasca. 
Probabilmente il tempo che è passato è servito: a sopravvivere al tormento, a galleggiare alle ferite che hai dato, a quelle foto che vorresti quasi non aver mai scattato. Eppure ora sono lì, sbattute sul monitor come se nulla fosse mai successo, come se la vita parallela a un certo punto avesse preso sempre più spazio e conquistato terreno; fino a diventare la vita vera, quella di tutti i giorni, quella dove costruire progetti e sognare un futuro. Già. 
E' andata proprio così, e non è stato neanche difficile nascondere e nasconderti, nasconderlo e nascondervi fino a scomparire, fino a non lasciare traccia visibile, tangibile.
Poi rimane solo il cuore che batte, gli occhi che brillano, e non sai se per la troppa luce o per quel desiderio inespresso, che pulsa e scuote più di quello realizzato.

Luca L.


mercoledì 19 settembre 2012

IN VITE COME QUESTE RIPAGHIAMO IL TEMPO...


In vite come queste ripaghiamo il tempo che ci hanno regalato gli Dèi con i nostri corpi a ventaglio, invocando il piacere di sovrastare i nostri sensi. 
Peccatori puri, fabbricanti di specchi. 
Non possiamo perderci di vista finché siamo i nostri bersagli. 
La pistola d’acqua è la nostra miseria; lenzuola bagnate navigano nel loro godere, si può affogare o morire d’asma. 
Il corvo è sul davanzale e ci spia dalla finestra socchiusa, multa la nostra marcia funebre; gloria ai nostri corpi beatificati, si arrampicano e si stringono tra sei corde di crimini votate al rapimento. 
Cola saliva dagli occhi, massaggio alle tempie… ricordo di un futuro.



lunedì 17 settembre 2012

LO STRUMENTO E' TASCABILE (rubrica)




Lo strumento è tascabile, 
è un rullino colmo di foto.

Ti attendo alla luce, quella dove intravedi l’anima,
dove si vedono solo gli occhi, soli.
Briciole, 
per restare in astinenza.

Fuori piove forte,
barcollano le gocce prima di riunirsi.
Non sempre quando piove scende l’acqua.

(dalla rubrica: poesia portami via)

giovedì 13 settembre 2012

È IN SERATE COME QUESTA, DOVE L'ARIA TAGLIA I FIANCHI


È in serate come questa, dove l’aria taglia i fianchi; è in nottate come queste che i pensieri diventano il pensiero.
È in momenti come questi dove seduto nello slancio vacillo in un’insensata fantasia, nel ricordo di tempi più vivi, da vivo posso immaginare Jennifer.
È in serate come queste dove accarezzo i muri di un cesso ben conosciuto, dita nervose sfiorano piastrelle umide. È qui che appoggio il ricordo di Jennifer, la vedo in quest’inquadratura appannata da aliti caldi. Per me nacque qui, divenne adolescente già donna in questo buco, specchiandosi in vetri azzurri scheggiati come i suoi occhi. È qui che gioco ancora a saltare mentendo al volo, parlando di una vita mai apprezzata correndo.
Seduto nel bagno dal colore nero sporco di bianco, carta agli angoli, sono altre immagini che scendono da capelli lunghi e lisci, biondi e macchiati da tinte scadenti, ma Jenny le adoperava in momenti di noia. Ora la voglio ricordare in maglioni di lana grigi di piccole taglie avvolta in sorrisi scritti per essere memorizzati, in memorie che volano come parole futili. 
Lei dorme sempre nella sua cameretta che è a poche pareti da questo bagno buio. 





venerdì 7 settembre 2012

APPESA A UN FINALE (rubrica)




Appesa a un finale, 
inorridisce in finte fughe 
mentre si dipinge il volto lo specchio si appanna, 
come se sparisse il viso,
l’immagine e il ruolo.

I fianchi incisi sul muro come una scritta pugnalata,
scriveva il nome come un aggettivo,
pareva un disegno, 
un quadro dove poter tossire o strizzare gli occhi.

(dalla rubrica: poesia portami via)

mercoledì 5 settembre 2012

ULTIMA COSA: È IL SILENZIO E IL SENSO DI APPROSSIMAZIONE




Ultima cosa: è il silenzio e il senso di approssimazione misto qualunquismo che ti lacera, lasciandoti inerme in una sala d’attesa per il resto dei giorni, un resto indefinito, generico.
Silenzio. Approssimazione.  Qualunquismo.
Benvenuto nei giorni peggiori, nessun timore, è solo un po’ come scivolare continuamente e non accorgersene; fino a quando ti ritrovi per terra, per l’ennesima volta.
Nessun fraintendimento. E non capendo procedi a tentoni, a piccoli passi in avanti, senza domande e invocazioni.
Non chiedermi nulla, se non tutto quello che ho appena scritto.

Luca L.