mercoledì 24 febbraio 2016

NON SOLAMENTE NON SONO RIUSCITO... (rubrica)

Non solamente non sono riuscito a diventare maligno, ma niente addirittura: né cattivo né buono, né mascalzone né onesto, né eroe né inetto. Ora poi concludo l'esistenza nel mio angolo, stuzzicandomi con la rabbiosa e del tutto inutile consolazione che una persona intelligente non può nemmeno diventare seriamente qualcosa, ma diventa qualcosa solo chi è stupido. Sissignori, l'uomo del secolo diciannovesimo deve ed è moralmente obbligato ad essere una creatura soprattutto senza carattere; l'uomo di carattere invece, l'uomo d'azione, ad essere una creatura soprattutto limitata. Questa è la mia convinzione da quarant'anni. Ora ho quarant'anni, quarant'anni sono tutta la vita; infatti è la più tarda vecchiaia.

* * *

Signori, certo, io scherzo, e so anch'io che scherzo malamente, ma non si può mica prendere tutto in scherzo. Forse, scherzo a denti stretti. Signori, mi tormentano dei problemi; risolvetemeli. Voi, per esempio, un uomo lo volete disavvezzare dalle vecchie abitudini e volete correggere la sua volontà, conformemente alle esigenze della scienza e del buon senso. 





tratto da: Memorie del sottosuolo (F. Dostoevskij)

dalla rubrica: Il giusto degli altri

mercoledì 17 febbraio 2016

LE COSE BELLE DEL SABATO

Le cose belle del sabato:
la mattina
camminare nel freddo
cercare un posto dove sederci
indecisi tra dentro o i tavolini fuori
"Fuori!" anche se dovrebbe far freddo. Ma non è così oggi
e poi c'è il sole
ordinare come se non avessi mai ordinato un caffè prima di oggi
assaporarlo rapidamente,
non c'è tempo per stare con gli occhi rivolti alla tazzina
guardare la prima e l'ultima pagina dei quotidiani
parlare bene degli amici
guardare per aria
bere acqua
guardare l'orologio preparando già mentalmente il messaggio Collega scusa il ritardo
ridere
ridere ridere ridere ancora, ora la guerra paura non fa (cit.)
pagare "Faccio io" - "No lascia, pago io"
"Tocca a me"
"Fai tu la prossima volta"
"..."
non finire l'acqua nel bicchiere
camminare
Darsena
ombra sole ombra sole
è tardi, lo sapevo, è tardi
parlare a bassa voce
poi alta
poi bassa
poi alta
silenzio
convenevoli.

Il sabato non è per tutti, è per pochi.
Essere qui, adesso, conta più di ogni altra cosa, quando sei dolce il resto non ha più importanza. 
Sai che ti dico, domani sarà ancora sabato.


L. Lama




giovedì 11 febbraio 2016

NON SO SE MI CREDERETE (rubrica)




Non so se mi crederete. 
Passiamo metà della vita a deridere ciò in cui altri credono, e l'altra metà a credere in ciò che altri deridono.
Camminavo una notte in riva al mare di Brigantes, dove le case sembrano navi affondate, immerse nella nebbia e nei vapori marini, e il vento dà ai rami degli oleandri lente movenze di alga.
Non so dire se cercassi qualcosa, o se fossi inseguito: ricordo che erano tempi difficili ma io ero, per qualche strana ragione, felice.
Improvvisamente dal sipario del buio uscì un vecchio elegante, vestito di nero, con una gardenia all'occhiello, e passandomi vicino si inchinò leggermente. Mi misi a seguirlo incuriosito. Andavo di buon passo ma faticavo stargli dietro, perché sembrava che procedesse volando a un palmo da terra, e i suoi piedi non facevano rumore sul legno umido del molo.
Il vecchio si fermò un attimo, tracciando in aria gesti con cui sembrava calcolare la posizione delle stelle. Poi annuì con la testa e prese a discendere una scaletta che dal molo calava nelle acque scure.
- Si fermi signore - gridai - non lo faccia!
Ma il vecchio non mi ascoltò, in breve tempo fu nell'acqua fino alla cintola, e poco dopo, scomparve.
Senza indugiare, vestito com'ero, mi tuffai. L'acqua era gelida, e sul fondale melmoso giacevano detriti e cordami.
Mi guardai intorno cercando tracce dell'uomo e con mia grande meraviglia vidi, sospesa a pochi metri dal fondo, un'insegna luminosa con la scritta "Bar". Verso di essa si dirigeva tranquillamente, camminando come un palombaro, il vecchio della gardenia. Come in un sogno nuotai anch'io verso quell'insegna che illuminava l'acqua di azzurro.
Arrivai così a una costruzione intarsiata di nautili, con una porta di legno. La porta si aprì subito e il signore con la gardenia mi tese la mano. Non fece altro che tirarmi dentro di colpo e mi ritrovai in un bar accogliente, luminoso, e pieno di avventori.. Era arredato con mobili di stile diverso, alcuni di antico gusto marinaro, altri esotici, altri decisamente moderni. Il bancone sembrava la fiancata di una nave, tanto era lucido e imponente. Sopra lo schieramento delle bottiglie c'era un grande oblò di vetro da cui si potevano ammirare candelabri di corallo e branchi di pesci. Gli avventori bevevano e chiacchieravano come in qualsiasi bar di terraferma.
Come potete constatare dal disegno di copertina, formavano il gruppo più stravagante che io avessi mai visto.
Il barista mi fece segno di avvicinarmi. Aveva un'espressione ironica e il suo volto ricordava quello di un famoso interprete di film dell'orrore. Mi offrì un bicchiere di vino e mi appuntò una gardenia all'occhiello.
- Siamo lieti di averla tra noi - disse sottovoce. - La prego di accomodarsi, perché questa è la notte in cui ognuno dei presenti racconterà una storia.
Mi sedetti, e ascoltai i racconti del bar sotto il mare.


tratto da: Il bar sotto il mare (Stefano Benni)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

mercoledì 3 febbraio 2016

IL SENSO DELL'ABBANDONO- LAVORATIVO

Il senso dell'abbandono- lavorativo.



"Che senso ha?"
"Cosa?"
"Il senso dell'abbandono, intendo quello lavorativo".

Ci abbiamo speso fogli e fogli per decifrare la giusta sensazione, la frase a effetto, la corretta chiusura.
Nulla di fatto.
Finché non è successo a te. 
Allora hai capito che il senso dell'abbandono ti ha pervaso, completamente.
E no, non c'entra niente l'amore. 
E nemmeno le relazioni di coppia/fraterne/amichevoli.
Il senso dell'abbandono, intendo quello lavorativo.
Potrebbe essere un buon titolo per raccontare una storia. La storia di persone che perdono il lavoro, e di altre che vengono lasciate a casa. Di posti di lavoro che spariscono in 24 ore. Alcuni se ne accorgono subito e cercano un riparo, altri ci mettono notti e notti a rendersene conto. 
Be', questa è la tua umile storia, messa nel calderone assieme ad altre milioni, e non c'è stato nulla di speciale in questo addio; forse perché già annunciato, forse perché necessario, forse perché quando si dà dieci e si ottiene uno... forse forse è ora di dire "Ciao ciao" senza polemica. 
Una sola frase ti viene in mente, è una citazione:
I giorni in cui dimentico sono finiti, stanno per cominciare i giorni in cui ricordo (pulp fiction).

Ecco, è il riassunto perfetto di questa storia.
Perché lo so che tra cinque mesi verrai a suonare il campanello, verosimilmente prima riceverò una e-mail. Per non creare equivoci, io andrò a pescare quella frase Pulp, e non risponderò, né richiamerò. Perché è ora di basta.
Ehi, amici come prima. Sono sempre la stessa io, quella del primo giorno, forse con una gonna al posto dei jeans.

Il senso dell'abbandono. 
Vai a vedere che alla fine sono stata imprevedibile e chiarissima... mah, nel caso, dimmelo pure; che oggi sono finiti i giorni un cui mi offendo facilmente.


L. Lama