Spesso mi chiedo come fai, come riesci a mostrare quella pace dipinta sul volto.
Mi domando continuamente quanto pesa il peso che ti porti
dentro, quante coperte e sciarpe e maglioni e cappelli sei costretta a comprare
per nasconderti da te stessa, per riempire un guardaroba macchiato e sporcato
da giorni che non vorresti mai aver vissuto da sveglia; da giorni che durano
mesi, anni, decenni.
Vite possibili che poi non sono state.
Capita frequentemente. Ti vedo. E ci penso. E ti penso,
e inevitabilmente il pensiero va lì, in quell'angolo che nascondi a te stessa
con tutte le forze, con tutta l'energia che possiedi anche quando ti senti
debole, esausta di te, di voi, di loro, di quelli, di quelle. Che roba pessima.
Che brutta storia questa che ti appartiene. Vorrei non
pensarlo, eppure... se ti dicessi che un po' ti capisco, che un pochino ti
comprendo, che il mio indice non ti indica, forse forse potremmo anche sederci
e parlarne.
Strano pensare e ripensare e ossessionarsi con un qualcosa
che poi non è stato, che già viverlo è stato un dono non richiesto, seppur
piacevole.
Cosa ne pensi? Sei favorevole?
Io aspetto, ti attendo. Sai dove scrivermi, dove chiamarmi,
dove vedermi.
Potrei scrivere un libro su di te. Sarebbe amaro e bello,
proprio come te.
Luca L.
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