A marzo sono stati 15 anni.
Penso che a Chiara sarebbe
piaciuta una serata come quella di metà marzo 2015.
Alcuni amici hanno organizzato un
incontro speciale per l’occasione. Avevamo prenotato per dieci.
Ci siamo tutti incontrati in un pub
anni ’90, e poi nulla di che. Ci siamo detti le solite cose che si dicono
quando un gruppo di persone si incontra dopo un po’ di tempo. C’è chi è andato
a vivere da solo, chi a convivere, chi si è appena innamorato, chi si vuole
innamorare nuovamente, chi si sposerà.
Ce la siamo raccontata su e, al
centro dei nostri discorsi c’era Chiara. Era la serata dedicata a lei.
E non è facile descrivere una
serata come quella, dove si è parlato di 15 anni fa; devo ammettere che non
ricordo una parola dei discorsi fatti al tavolo, ma non è questo il punto. Mi
fa sorridere che quel tavolo del locale è sempre lo stesso tavolo dove i nostri
gomiti da adolescenti si erano appoggiati più volte, tra l’altro ci sono le stesse
identiche scritte sul piano orizzontale (tipo Nirvana e altre cose anni novanta).
È
stato bello incontrarsi il 15 marzo. È stato piacevole condividere quel paio d’ore,
a ricordare, citare, a guardarci con i capelli più corti, la barba più “curata”
e qualche capello bianco che si mette in mostra.
E pensavamo a Chiara, a quello che è
stata per noi.
E se quella domenica ci siamo
rincontrati, vuol dire che Chiara per noi è stata davvero molto importante, e
lo è ancora. Ed è per questo che forse - tra un guanto e una rosa - non è poi
così tanto assurdo che in un certo modo c’era anche lei quella domenica sera; e
presumibilmente era contenta di vederci ancora così amici, a raccontarci gli aggiornamenti,
a scherzarci sopra, come se in fondo, quella adolescenza passata al parco, per
una sera, è stata come se fosse dietro l’angolo, e si poteva sbirciare,
raccogliendo ricordi tipo questi:
Le sedute sul tronco dell’albero, le bottiglie
di Lambrusco, quelli pro e contro le canne, quelli pro e contro gli acidi, quelli pro e contro le manifestazioni, le amate Frizzy Pazzy, le odiate Buffalo, i quadernini nello zaino, i fogliettini nelle tasche, quella caduta nel laghetto,
corteggiamenti e rifiuti, amori nati e altri infranti, quelle poesie perse e
poi in realtà mai perse, e poi il tizio che chiamavamo simpatico L., e quell’altro
che lo chiamavamo come il logo della maglietta che indossava sempre, quello che
aveva quasi trent’anni e ci provava con le nostre fidanzatine sedicenni (piccola
nota: ai tempi era visto con un tipo regolare
e adulto, a pensarci ora mi si gela il sangue per quanto invece fosse disperato
e sfigato), quelli di Lodi, quelli al militare, quelli della spiaggia/ottavo colle, le canzoni dei
Punkreas/Timoria/Litfiba/Modena City Rambles/Shandon, i djembe, le chitarre con
le scritte dei gruppi metal sopra, i plettri smarriti per il parco, le dottor
Martens e le Adidas, gli accendini a mo’ di apribottiglie, quella ragazza
bellissima che piaceva a tutti e stava col tizio brutto, la Benetton in San
Babila, le prime lezioni di teatro, quel maledetto giorno con Robi in San Babila, la Ceres in Cadorna, il Deposito Bulk, il Messico, i Doors, la pisciata in biblioteca, quello che veniva dall’Olanda,
le coppie inossidabili (inossidabili ai tempi!), gli alternativi e i metallari,
la festa della Luna, Como, Bollate, Emilio e Kop e Punka, i capelli colorati e le fasce
invernali, i piercing e tatuaggi, il “nostro” albero Albapunka e poi quando l’hanno abbattuto.
Neanche due anni, che raccontati
sembrano dieci.
A marzo sono passati 15 anni.
Adesso, per strapparci un sorriso, ci
ripetiamo che probabilmente a Chiara (Chica) avrebbe fatto piacere vederci lì,
insieme, come ai vecchi tempi.
"Come si fa ad amare,
RispondiEliminaLo sai soltanto tu,
e cavalcare il mondo,
lo sai soltanto tu
Lo sai soltanto tu.
Baby, persa nelle città
Potevi avere il mondo
Ma l'hai lasciato..."
(Il Volo- LItfiba- 1990)