Queste immagini non sono distinte una dall’altra, articolate
a formare una sequenza; si comprimono nello spazio di una frazione di secondo.
Per effetto della compressione, o per renderla possibile, ogni immagine perde i
propri contorni, si fonde con quelle che l’hanno preceduta e seguita.
* * *
Devo dire che di solito sto abbastanza attento a come si
spostano gli elementi fluidi di una situazione; a come si condensano poco alla
volta fino a sbilanciarla e farla ribaltare, o rovesciare su un fianco, o precipitare verso il basso e
aprirsi un percorso da sola. Non è che io stia seduto ad aspettare che qualcosa
succeda e osservarla poi mentre succede; sto solo attento. E quando vedo che
una situazione si inclina troppo cerco di saltare giù alla svelta, invece di
mettermi a distribuire il peso per ribilanciare.
* * *
Non so se vi è capitato di volare sopra Milano in un giorno
d’inverno. C’è questa specie di enorme cupola grigia, appoggiata sulla coppa di
pianura dov’è dilagata la città. È una cupola fatta dello stesso materiale che
racchiude: ha uno spessore senza fine, formato da strati e strati di grigio
così densi e fitti uno sopra l’altro da non lasciar trasparire niente di quello
che c’è in fondo.
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