martedì 29 ottobre 2019

NON FACEVAMO CHE TENERCI PER MANO (rubrica)

Non facevamo che tenerci per mano, ad esempio.
Vi sembrerà una cosa da niente, lo capisco, ma era fantastica quando la tenevate per mano.
La maggior parte delle ragazze, provate a tenerle per mano, e quella maledetta mano o muore nella vostra, o loro credono di dover continuare a dimenarla tutto il tempo, come se avessero paura di annoiarvi o che so io. 
Jane era un'altra cosa. 
Andavamo in un dannato cinema o in un posto così, e subito cominciavamo a tenerci per mano, e non ci lasciavamo sino alla fine del film. E senza cambiare posizione né farne un affare di stato. 
Con Jane non stavi nemmeno a pensare se avevi la mano sudata o no. 
Sapevi soltanto che eri felice. E lo eri davvero.
Un'altra cosa che mi è appena tornata in mente. 
Una volta, in quel cinema, Jane ha fatto una cosa che per poco non mi lasciava secco. 
Stavano dando il cinegiornale o qualcosa del genere, e tutt'a un tratto mi sono sentito una mano sulla nuca, ed era la mano di Jane. Che cosa buffa, quella. 
Voglio dire, lei era giovanissima e via discorrendo, e se vedete una ragazza che mette la mano sulla nuca di qualcuno, sono sempre quasi tutte sui venticinque o i trent'anni, e di solito lo fanno ai loro mariti o ai loro bambini - io per esempio lo faccio alla mia sorellina Phoebe, ogni tanto. 
Ma se lo fa una ragazza giovanissima eccetera, eccetera, è così carino che rischi di restarci secco.




tratto da: Il giovane Holden (di J.D. Salinger)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

martedì 22 ottobre 2019

NON SO COME DIRTELO

Non so some dirtelo se non  così:

non dicendolo. 



Per limare gli angoli.
Per trovare spazio e margine.
Per non far apparire tutto così ruvido e cupo.

Vorrei non pensarci continuamente.

Perché tutto il resto va in secondo piano.
Perché gira che ti rigira qui manca il tempo -quel tempo.
Perché sì.

Vorrò pensarci continuamente.

Perché poi scrivo e cancello.
Perché poi scrivo e cancello e riscrivo, e non mi piace, e lo cancello di nuovo.
Perché poi non lo dico.

Non so come dirtelo, se non così: non dicendolo.


Luca L.


martedì 15 ottobre 2019

CITAZIONE 119 (rubrica)



Sicuramente è difficile ballare attraverso
la stanza quando hai
un piede sul pavimento
e un piede fuori dalla porta.

Non voglio niente di più
che ballare con te.
La pace che ho conosciuto, sta galleggiando,
il fiume verde e profondo con te e una canzone
è qualcosa di simile alla pace che spero
di costruire con te per tutta la vita.

Non voglio niente di più
che galleggiare con te,
sguazzando attraverso la tempesta di grandine,
i vestiti distrutti, le foglie tutte spezzate,
una parte di me è nata,
perché pensare alla foschia di ieri
quando le stelle in cielo sono radiose?
Perché pensare all'alba che arriva
quando dalla luna sgorga un forte riflettore?

Non voglio niente di più
che ballare con te,
non voglio niente di più
che galleggiare con te.


cantante: Laura Veirs

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

martedì 8 ottobre 2019

ERA UN PERIODO STRANO (rubrica)

Era un periodo strano, mezzo addormentato e mezzo convulso, attento e distratto e lento e vago; una specie di giuntura tra fasi diverse della mia vita, anche se non avrei saputo definire quale fase avrebbe dovuto concludersi né quale iniziare. 
E non ero mai stato molto pratico o mirato nelle cose che facevo, ma adesso mi sembrava di esserlo meno che mai; non riuscivo a vedere nessun collegamento tra una laurea in storia antica e un mio possibile ruolo nel mondo adulto, non riuscivi a distinguere nessun binario o strada o sentiero di capre abbastanza delineato da poterlo seguire con un minimo di fiducia.
Mi sembrava di avere avuto idee più chiare su quello che volevo fare quando avevo dodici o tredici anni, di essermi perso lungo il liceo e l'università in un territorio di parole e idee astratte, non-realistico, non-praticabile.



Andavo a caso in tante direzioni diverse in cerca di segnali, giravo su me stesso e tendevo le orecchie, tra lentezza e paura e semisordità ed elettrizzazione, troppa vista e troppo udito e noia e speranze spropositate, senso di soffocamento, senso di panico puro.
Questo era lo stato in cui ero quando ho conosciuto Misia Mistrani, e lei nell'arco di poche ore ha distrutto il mio equilibrio molto precario ed è sparita, e senza accorgermene mi sono ritrovato fuori dallo stagno, su un terreno molto più difficile e scomodo, dove non avevo la minima idea di come muovermi.


tratto da: Di noi tre (di Andrea De Carlo)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

martedì 1 ottobre 2019

QUEL MOMENTO

Quel momento lo chiamerò:
felicità.



Quel momento è un momento dell'estate appena trascorsa.
C'era un punto esatto dove, con la bicicletta
potevo smettere di pedalare 
scendere,
scendere e 
giungere perfettamente a casa,
con la giusta rapidità,
l'esatta lentezza.
Dritto fino al portone di casa.

Ecco, in quel momento 
proprio non potevo evitare di sorridere.
Sulla bici, con l'aria tra i capelli e
una discesa con la giusta pendenza.
Uao.

Era un bel ritorno a casa e,
a dirla tutta,
solitamente,
quando parto
poi
non vedo l'ora di tornare.


Luca L.