giovedì 27 aprile 2017

CITAZIONE 072 (rubrica)



Tesoro non provare a chiamare,
il mio cuore sta ticchettando e lo spettacolo, non aspetterà
è strano, non riuscivi a vedere a modo mio, ehi, ora va.
Pregherò che tu cada,
la scintilla è morta e tu sei solo in ritardo.
Una vergogna, stai bussando al cancello sbagliato, vai a casa
qualunque cosa accada, non mi concedo.

Amore mio, diamanti, anelli e Chevrolets,
amore mio, assi e sigarette,
amore mio, fingendo come a Hollywood,
amore mio, amore amore.

In nessun modo mi vedrai strisciare,
come uno squalo mi strapperà da te
e festeggiare con tanto champagne, mi hai preso nel giorno sbagliato, ora lo sai
qualunque cosa accada, non mi concedo.

Amore mio, guardami danzare nella pioggia,
amore mio, niente più whisky e cocaina,
amore mio, finisci il frutto proibito,
amore mio, amore amore.

Cenere alla cenere, polvere alla polvere,
no, non mi diverte, così devi smettere,
cenere alla cenere, polvere alla polvere
se la magia non ti ucciderà, lo farà il tuo ego.

Amore mio, diamanti, anelli e Chevrolets,
amore mio, assi e sigarette,
amore mio, fingendo come a Hollywood,
amore mio, amore amore.


cantante: Sharon Kovacs

(dalla rubrica: Citarsi è un po' deprimersi)

mercoledì 19 aprile 2017

ALBA e VENTO DI PRIMA ESTATE (rubrica)

Alba

Una cosa scipita,

col suo sapore di prati
bagnati, questa mattina
nella mia bocca ancora
assopita.

Negli occhi nascono come
nell'acqua degli acquitrini
le case, il ponte, gli ulivi:
senza calore.

È assente il sale,
del mondo: il sole.




Vento di prima estate


A quest'ora il sangue

del giorno infiamma ancora
la gota del prato,
e se si sono spente
le risse e le sassaiole
chiassose, nel vento è vivo
un fiato di bocche accaldate
di bimbi, dopo sfrenate
rincorse.


tratto da: Come un'allegoria (di G. Caproni)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

giovedì 13 aprile 2017

NON SO COSA AVRESTI VOLUTO SENTIRTI DIRE

Non sono cosa avresti voluto sentirti dire.
Come se poi ci fosse una parola o una frase giusta per l'occasione, come se poi una serie di lettere pronunciate nel giusto contesto potessero a un certo punto tracciare un risultato, una somma, un totale da poter trascrivere.
Non è così, almeno non in questo caso.

Cosa mai avresti voluto sentirti dire?
Che avevi ragione, che hai ragione. Oppure che hai sbagliato tutto, che hai commesso errori a giorni alterni?
Come se poi ottenere una risposta potesse alleggerire il peso della domanda, come se a un tratto tutto potesse risultare chiaro e comprensibile. E poi, di tutta questa comprensione, in fondo in fondo, mica te la giochi in Borsa, mica ci ottieni gli interessi.




Cosa mai avresti voluto sentirti dire!
Davvero, dimmelo! Perché non c'è niente che possa fare se non quello che ho già fatto. Come se poi tutti questi miei giri di parole possano servire a qualcosa, come se poi il giusto contesto è un pretesto e ce lo rimbalziamo come se fosse una pallina; tipo da tennis, di quelle che poi vengono smarrite agli angoli dei campi.
Ecco. Mi sento un po' come quella pallina: un po' smarrita, ma sempre nel mucchio.


L. Lama

venerdì 7 aprile 2017

CIASCUNO DI NOI (rubrica)

Ciascuno di noi aveva tirato fuori i vecchi costumi esplosi. 
Se avete presente, vi sto parlando di mocassini in pitone, di camicie psichedeliche e braghe di yak, per noi maschi. 
Di sottovesti in seta, boa colorati e stivali da moschettiere - intanto che il mondo si faceva oscuro - per le ragazze.
Maschi e femmine. 
A proprio agio. 
Poiché s'era nel pieno d'una stagione ventosa, e ciascuno di voi, signori, l'ha conosciuta.
Se avete presente, vi sto parlando della gioventù, delle speranze e illusioni che da sempre la sostenevano. 
Dell'ignoranza e menzogne che, da sempre, la sostenevano.
Poiché era l'ultimo carnevale dei ragazzi di via Andrea Costa, ciascuno di noi allungava il collo, per mostrarsi all'altezza. Eravamo un immenso campo di grano. 
Magari i più vecchi, quelli in vista dei trent'anni, ondeggiavano meno, ma tutti, gioventù com'eravamo, si sussurrava che il futuro dovevi aggredirlo appena affacciava il muso preoccupato fuori dalla tana: coi telefonini? Coi ragionamentini? Con le parole belle, care ai maestri della pubblicità?




tratto da: Tre ragazzi immaginari (di Enrico Brizzi)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)