martedì 6 marzo 2018

SI AVVICINÒ ALLA SPONDA DEL FIUME (rubrica)

Si avvicinò alla sponda del fiume e sentì che Michela doveva essere vicina. 
L’acqua le piaceva. Mamma raccontava sempre che, quando da piccoli faceva il bagno a tutti e due insieme, Michi strillava come una pazza perché non voleva uscire, anche dopo che l’acqua era diventata fredda. 
Una domenica papà li aveva portati sulla riva, proprio lì forse, e gli aveva insegnato a lanciare i sassi piatti per farli rimbalzare sulla superficie. 
Mentre gli spiegava che doveva sfruttare meglio il polso, che era quello a dare la rotazione, Michela si era sporta in avanti e aveva fatto in tempo a scivolare in acqua fino alla vita, prima che papà l’acchiappasse per un braccio. Le aveva mollato uno schiaffo e lei si era messa a frignare e poi erano tornati tutti e tre a casa, in silenzio e con i musi lunghi. 



L’immagine di Michela che con un ramoscello giocava a scomporre il proprio riflesso nell'acqua e poi ci scivolava dentro come un sacco di patate attraversò la testa di Mattia con la violenza di una scarica elettrica.
Si sedette a mezzo metro dalla riva, stanco. 
Si voltò per guardare dietro di sé e vide il buio che sarebbe durato ancora molte ore.
Prese a fissare la superficie nera e lucida del fiume.
Di nuovo cercò di ricordarsene il nome, ma non ci riuscì neppure stavolta. 
Affondò le mani nella terra fredda. Sulla riva l’umidità la rendeva più morbida. Vi trovò un pezzo di bottiglia, il rimasuglio tagliente di qualche festeggiamento notturno. 
Quando se lo conficcò la prima volta nella mano non sentì male, forse non se ne accorse neppure. 
Poi cominciò a rigirarlo nella carne per piantarlo più a fondo, senza staccare gli occhi dall'acqua. 
Aspettava che da un momento all'altro Michela affiorasse dalla superficie e nel frattempo si chiedeva perché certe cose stanno a galla e certe altre invece no.


tratto da: La solitudine dei numeri primi (di Paolo Giordano)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

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