mercoledì 28 marzo 2018

LA CITTÀ IN SE STESSA (rubrica)

La città in se stessa, bisogna riconoscerlo, è brutta.  
Di aspetto tranquillo, occorre qualche tempo per accorgersi di quello che la fa diversa da tante altre città mercantili, sotto tutte le latitudini. 
Come immaginare, a esempio, una città senza piccioni, senza alberi e senza giardini, dove non si trovano né battiti d’ali né fruscii di foglie, un luogo neutro, insomma? 
Il mutamento delle stagioni non vi si legge che nel cielo. La primavera si annuncia soltanto con la qualità dell’aria o coi cesti di fiori che i ragazzetti portano dai sobborghi; è una primavera che si vende nei mercati. 
Durante l’estate il sole incendia le case troppo asciutte e copre i muri d’una cenere grigia; non si può vivere, allora, che nell'ombra delle persiane chiuse. In autunno, invece, è un diluvio di fango. Le belle giornate vengono soltanto d’inverno. 
Una maniera facile per far la conoscenza d’una città è quella di cercare come vi si lavora, come vi si ama e come vi si muore. 




Nella nostra piccola città, forse per effetto del clima, tutto questo si fa insieme, con la stess’aria frenetica e assente: ossia, ci si annoia e ci si applica a contrarre delle abitudini.


tratto da: La peste (di Albert Camus)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

Nessun commento:

Posta un commento