venerdì 6 marzo 2015

EPPURE ERANO ESATTAMENTE TUTTE LE ALTRE CHE VEDEVO (rubrica)




Eppure erano esattamente tutte le altre che vedevo quando, una volta in aereo, appoggiavo la fronte all’oblò e vedevo arrivare il trenino con un enorme carico di bagagli che venivano infilati nella pancia dell’aereo. Prima guardavo distrattamente, cercando di non fare troppo caso se tra quei bagagli intravedevo la mia valigia. Così, buttavo un occhio. Poi però, buttando un occhio, la valigia non la vedevo e allora cominciavo a passare in rassegna il trenino dall’ultimo vagoncino al primo, all’inizio velocemente, poi con sistematicità e preoccupazione, poi ansioso; ma nulla. E so che ognuno dei passeggeri seduti accanto al finestrino dal mio alto stavano guardando la stessa cosa e so che anche loro vedevano tutte le altre valigie tranne la propria. Era molto probabile che loro vedessero la mia e io le loro. Poi l’aereo si muoveva, e da quel momento per tutto il viaggio conservavo un sospetto e un malessere, e cioè che la valigia fosse finita su un altro aereo e stesse volando verso qualche parte del mondo. Anche loro avevano lo stesso sospetto.
Finora per me l’aereo era questo; e poi era rinunciare alla coca-cola che offrono perché tanto è sempre calda, ed è inutile farlo notare alla hostess: perché non potrà fare altro che darvi del ghiaccio; e anche il ghiaccio è misteriosamente caldo. Era avere un vassoio minuscolo ricoperto in alluminio con una serie di vaschette microscopiche piene di cibo impossibile da identificare, ma che aveva un odore e un sapore unico sia rispetta alle varietà all’interno della vaschetta sia rispetto alle varietà all’interno della vaschetta sia rispetto ai vari tipi di aerei e di nazioni; non era riconducibile a nessun odore o sapore conosciuto in tutta la vita vissuta fino a quel momento, se non ad altro cibo mangiato in un altro aereo prima di quel momento.
 
 
Alessandro Piccolo: "Allegro occidentale"
 
(dalla rubrica: Il giusto degli altri).

 

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