martedì 19 giugno 2018

LA PRIMA COSA A CUI SI ABITUARONO (rubrica)

La prima cosa a cui si abituarono fu il ritmo del lento passaggio dall'alba al rapido crepuscolo. 
Accettavano i piaceri del mattino, il bel sole, il palpito del mare, l’aria dolce, come il tempo adatto per giocare, un tempo in cui la vita era così piena che si poteva fare a meno della speranza. 
Verso mezzogiorno, quando i fiotti di luce scendevano quasi verticali, i colori vivaci del mattino si smorzavano, divenivano perlacei e opalescenti; e il calore, come se la maggior altezza del sole gli desse una forza maggiore, diventava violento e minaccioso come un colpo che bisognava evitare correndo a buttarsi giù all'ombra, magari a dormire. 



A mezzogiorno succedevano cose strane. 
Il mare lucente si alzava; si scomponeva in piani diversi, in maniera evidentemente impossibile; la scogliera di corallo e le poche palme nane che vi si aggrappavano nei punti più elevati, prendevano a galleggiare nel cielo, tremolanti, si separavano, correvano in giù come gocce di pioggia su un filo, si riverberavano in una strana successione di specchi. 
Talvolta emergeva una terra là dove terra non c’era, poi svaniva come una bolla di sapone sotto gli occhi dei bambini.


tratto da: Il signore delle mosche (di William Golding)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

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