sabato 26 agosto 2017

SABATO MATTINA IO E ASTRID SIAMO ANDATI AL MERCATO (rubrica)

Sabato mattina io e Astrid siamo andati al mercato, come ogni sabato mattina tranne quando eravamo in giro a qualche fiera o al nord a incontrare qualche rivenditore.
Abbiamo lasciato il nostro furgoncino giallo appena fuori dalle mura di Trearchi, che tra i centri abitati della zona è l'unico ad avere una dimensione quasi urbana; abbiamo camminato in salita verso la tripla fila di bancarelle allineate sotto i platani. Mano nella mano, con tutti i nostri ricettori sensoriali attivati, ci siamo addentrati tra i venditori vocianti e gesticolanti di materassi e piante e biancheria intima e portafogli e formaggi e frutta e verdure, nell'odore di pesce fritto e nella calca di persone che camminavano lente avanti e indietro guardando a destra e a sinistra e parlando e indicando e fermandosi e salutandosi guardando guardando guardando. Era come uscire dallo stato di quasi-invisibilità di quando eravamo sulle colline, per vederci dal di fuori attraverso gli occhi degli altri: due campagnoli mezzi stranieri in città, ansiosi di approvvigionarsi di sensazioni variegate dopo sei giorni di quiete quasi perfetta.



Ogni volta restavo affascinato dalla varietà di tipi umani, fisionomie, proporzioni, stili. Mi ricordavo d'improvviso di quante differenze esistono al mondo, quante combinazioni possibili. Passavo tra le ragazze e le donne incantate nell'osservazione di gonne e cinture e minuscole mutandine, raccoglievo sguardi in movimento, facce, braccia, sederi, gambe, colori e consistenze di capelli, e mi immaginavo per un istante una vita con ognuna di loro, totalmente diversa dalla vita con Astrid. Erano solo lampi di pensieri, eppure mi lasciavano uno strano senso di perdita mentre camminavo oltre le bancarelle, dubbi su quello che avevo.
Astrid frugava nei mucchi colorati di magliette e gonne e canottiere di cotone insieme alle ragazze e alle signore del posto, in un gioco femminile che non aveva molto spazio nella nostra vita quotidiana fatta di lavoro al telaio e nell'orto e infinite piccole e medie incombenze pratiche. Ogni tanto tirava fuori dal mucchio qualcosa che le piaceva o la incuriosiva, se l'appoggiava al petto o alle anche per verificarne forma e misura. Esitava, assorta più che incerta, finché mi affacciavo di fianco a leri e cercavo di spingerla a una conclusione. Dicevo: "Ti piace?", "Lo vuoi?".


tratto da: Durante (di Andrea De Carlo)

(dalla rubrica: Il giusto degli altri)

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